Gli stipendifici di Stato quelle 886 scatole vuote che esistono solo per arricchire i cda
DI ANTONIO FRASCHILLA
ROMA — L’ultimo carrozzone lo ha appena rimesso in vita il ministro delle Infrastrutture Matteo Salvini: la società Stretto di Messina spa nata nel 1981 e che negli ultimi anni ha avuto zero dipendenti ma ha pagato un liquidatore e una manciata di consulenti e revisori dei conti vari. Adesso il leader della Lega l’ha rimessa in piena attività per realizzare, si fa per dire, il Ponte per unire Sicilia e Calabria. Ma difficilmente ci riuscirà, considerando che non c’è traccia dei dieci miliardi di euro per mettere in piedi la grande opera. Si crea la scatola vuota, intanto, che si va a sommare alle 886 società pubbliche controllate da ministeri, Regioni, Comuni ed enti vari che hanno più amministratori che dipendenti.
Anzi, alcune di queste non hanno nemmeno un addetto ma pagano una pletora di componenti di cda, revisori dei conti ed esperti. In alcuni casi per compiti che potrebbero essere svolti dagli enti proprietari stessi o che poco o nulla hanno a che fare con il servizio pubblico. Si va dalla società che gestisce un aeroporto turistico per pochi intimi all’ente che dal 1979 andrebbe chiuso e che invece continua a restare in piedi malconcio. E, ancora, ci sono consorzi di Comuni che servono ad organizzare qualche sagra, ma anche una miriade di sigle sconosciute ai più e di cui si sono dimenticati in alcuni casi anche gli enti controllanti: ma non la politica che poi puntuale piazza qualche amico nel sottobosco di governo.
I numeri delle scatole vuote di Stato li ha messi nero su bianco l’ultima relazione del Servizio di controllo parlamentare della Camera sulla galassia delle società pubbliche. Si legge nel dossier, che riprende anche alcuni studi del ministero dell’Economia: «Su un totale di 3.240 società partecipate, 886 società, pari al 27,35 per cento, risultano prive di dipendenti (559) o con un numero di dipendenti inferiore al numero degli amministratori (327)». La legge Madia del 2016 prevede la chiusura per le societàche non rispettano alcuni parametri, a partire dal rapporto tra dipendenti e amministratori. Ma nonostante i rilievi della Corte dei conti, in Italia esistono ancora quasi 900 carrozzoni che pagano altrettanti amministratori per una spesa difficile da stimare (considerando che in diversi casi non c’è traccia di bilanci recenti): il valore del patrimonio amministrato comunque si aggira intorno al miliardo di euro (ma non produce alcun valore aggiunto), i costi vari si stimano intorno ai100 milioni di euro e solo per gli emolumenti la spesa è di circa 9 milioni.
Alcune storie sono davvero singolari. Scorrendo l’elenco del ministero dell’Economia, in base al quale l’Ufficio parlamentare ha calcolato il numero dei carrozzoni, ci si imbatte in sigle sconosciute ai più: chi si ricorda, a esempio, del Consorzio aziende sanitarie siciliane? Nessuno, nemmeno nelle Asp dell’Isola. Certo difficile arrivare al record dell’Eipli, l’Ente nazionaleper l’irrigazione e la trasformazione fondiaria di Potenza ma con sedi anche in Campania e Puglia: messo in liquidazione nel lontano 1979 è stato salvato e prorogato grazie a 31 decreti ministeriali. E ancora ha in capo un amministratore con compenso da 50 mila euro all’anno. In alcuni casi si assiste al miracolo della rinascita, come per la Stretto di Messina spa: è accaduto a esempio all’Agenzia nazionale per lo sviluppo dell’autonomia scolastica. E a proposito di Stretto di Messina: qui l’ultimo compenso per il liquidatore era di 160 mila euro all’anno e per il nuovo cda è stata prevista pure la deroga al tetto dei 240 mila euro.
Nella galassia delle controllate con più amministratori che dipendenti c’è poi l’aeroporto Duca d’Aosta di Gorizia: una striscia di terra dove atterrano solo aerei da turismo, ogni tanto, con un hangar che ospita 15 piccoli aerei privati. In compenso ci sono tre componenti di cda e sei componenti del collegio sindacale: «Speriamo in un rilancio della struttura, i soci stanno approvando un nuovo piano», dicono al telefono. I soci? Sono più degli aerei che vi atterrano giornalmente: i Comuni di Gorizia e di Savogna d’Isonzo, la Provincia di Gorizia e le Camere di commercio di Gorizia e Trieste. Nemmeno l’aeroporto di Fiumicino, 30 milioni di passeggeri, ha così tanti soci. Ma nell’elenco delle scatole con più amministratori che addetti compare anche il Consorzio turistico della via lattea: tra le news sul sito una notizia medica del novembre scorso e un’altra sui certificati online del 2021. Un’attività intensa insomma.
Poi ci sono il Gal i Luoghi del Mito o il Gal dell’Oltrepo Pavese, la Società consortile del Gran Sasso di Laga, il Consorzio nazionale per la ricerca per la gambericoltura, l’autodromo del Veneto, la società agricola di Cittadella. C’è di tutto tra le attività delle controllate pubbliche: pesce, grano, auto. Poco importa che di queste oltre 200 siano in perdita: tanto alla fine chi paga?
ROMA — L’ultimo carrozzone lo ha appena rimesso in vita il ministro delle Infrastrutture Matteo Salvini: la società Stretto di Messina spa nata nel 1981 e che negli ultimi anni ha avuto zero dipendenti ma ha pagato un liquidatore e una manciata di consulenti e revisori dei conti vari. Adesso il leader della Lega l’ha rimessa in piena attività per realizzare, si fa per dire, il Ponte per unire Sicilia e Calabria. Ma difficilmente ci riuscirà, considerando che non c’è traccia dei dieci miliardi di euro per mettere in piedi la grande opera. Si crea la scatola vuota, intanto, che si va a sommare alle 886 società pubbliche controllate da ministeri, Regioni, Comuni ed enti vari che hanno più amministratori che dipendenti.
Anzi, alcune di queste non hanno nemmeno un addetto ma pagano una pletora di componenti di cda, revisori dei conti ed esperti. In alcuni casi per compiti che potrebbero essere svolti dagli enti proprietari stessi o che poco o nulla hanno a che fare con il servizio pubblico. Si va dalla società che gestisce un aeroporto turistico per pochi intimi all’ente che dal 1979 andrebbe chiuso e che invece continua a restare in piedi malconcio. E, ancora, ci sono consorzi di Comuni che servono ad organizzare qualche sagra, ma anche una miriade di sigle sconosciute ai più e di cui si sono dimenticati in alcuni casi anche gli enti controllanti: ma non la politica che poi puntuale piazza qualche amico nel sottobosco di governo.
I numeri delle scatole vuote di Stato li ha messi nero su bianco l’ultima relazione del Servizio di controllo parlamentare della Camera sulla galassia delle società pubbliche. Si legge nel dossier, che riprende anche alcuni studi del ministero dell’Economia: «Su un totale di 3.240 società partecipate, 886 società, pari al 27,35 per cento, risultano prive di dipendenti (559) o con un numero di dipendenti inferiore al numero degli amministratori (327)». La legge Madia del 2016 prevede la chiusura per le societàche non rispettano alcuni parametri, a partire dal rapporto tra dipendenti e amministratori. Ma nonostante i rilievi della Corte dei conti, in Italia esistono ancora quasi 900 carrozzoni che pagano altrettanti amministratori per una spesa difficile da stimare (considerando che in diversi casi non c’è traccia di bilanci recenti): il valore del patrimonio amministrato comunque si aggira intorno al miliardo di euro (ma non produce alcun valore aggiunto), i costi vari si stimano intorno ai100 milioni di euro e solo per gli emolumenti la spesa è di circa 9 milioni.
Alcune storie sono davvero singolari. Scorrendo l’elenco del ministero dell’Economia, in base al quale l’Ufficio parlamentare ha calcolato il numero dei carrozzoni, ci si imbatte in sigle sconosciute ai più: chi si ricorda, a esempio, del Consorzio aziende sanitarie siciliane? Nessuno, nemmeno nelle Asp dell’Isola. Certo difficile arrivare al record dell’Eipli, l’Ente nazionaleper l’irrigazione e la trasformazione fondiaria di Potenza ma con sedi anche in Campania e Puglia: messo in liquidazione nel lontano 1979 è stato salvato e prorogato grazie a 31 decreti ministeriali. E ancora ha in capo un amministratore con compenso da 50 mila euro all’anno. In alcuni casi si assiste al miracolo della rinascita, come per la Stretto di Messina spa: è accaduto a esempio all’Agenzia nazionale per lo sviluppo dell’autonomia scolastica. E a proposito di Stretto di Messina: qui l’ultimo compenso per il liquidatore era di 160 mila euro all’anno e per il nuovo cda è stata prevista pure la deroga al tetto dei 240 mila euro.
Nella galassia delle controllate con più amministratori che dipendenti c’è poi l’aeroporto Duca d’Aosta di Gorizia: una striscia di terra dove atterrano solo aerei da turismo, ogni tanto, con un hangar che ospita 15 piccoli aerei privati. In compenso ci sono tre componenti di cda e sei componenti del collegio sindacale: «Speriamo in un rilancio della struttura, i soci stanno approvando un nuovo piano», dicono al telefono. I soci? Sono più degli aerei che vi atterrano giornalmente: i Comuni di Gorizia e di Savogna d’Isonzo, la Provincia di Gorizia e le Camere di commercio di Gorizia e Trieste. Nemmeno l’aeroporto di Fiumicino, 30 milioni di passeggeri, ha così tanti soci. Ma nell’elenco delle scatole con più amministratori che addetti compare anche il Consorzio turistico della via lattea: tra le news sul sito una notizia medica del novembre scorso e un’altra sui certificati online del 2021. Un’attività intensa insomma.
Poi ci sono il Gal i Luoghi del Mito o il Gal dell’Oltrepo Pavese, la Società consortile del Gran Sasso di Laga, il Consorzio nazionale per la ricerca per la gambericoltura, l’autodromo del Veneto, la società agricola di Cittadella. C’è di tutto tra le attività delle controllate pubbliche: pesce, grano, auto. Poco importa che di queste oltre 200 siano in perdita: tanto alla fine chi paga?
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