Italian fast food
DI MICHELE SERRA
La frase “Mc Donald’s rappresenta l’italianità, le nostre eccellenze, la nostra biodiversità”, pronunciata dal presidente di Coldiretti Prandini in un convegno romano, sarebbe perfino divertente se non lasciasse intendere quanto il discorso sul cibo, sull’agricoltura, sulla filiera alimentare sia più o meno all’anno zero.
Coldiretti, fondata nel 1944, è la principale associazione degli agricoltori italiani. Ha più di un milione e mezzo di iscritti. È importante, e di riflesso è importante quello che dice il suo presidente, le cui competenze non possono essere messe in discussione: è allevatore e produttore di vino, l’agricoltura è la sua vita. Proprio per questo fa impressione lo spensierato apparentamento tra la più famosa multinazionale di fast food e i concetti, molto impegnativi, di “italianità, eccellenza, biodiversità”. Di qualunque genere sia la collaborazione pluridecennale tra Coldiretti e McDonald’s, e per quanto virtuosi possano essere gli scopi, davvero non ci si capacita delle parole di Prandini: a meno che bastino un pomodoro di Pachino, una fettina di Asiago o una scaglia di parmigiano nei cheesburger per celebrare il trionfo della biodiversità italiana.
Dell’agricoltura si parla poco e spesso di rimbalzo (vedi alla voce “siccità”), non c’è un solo giornale nazionale che abbia una pagina dedicata. Eppure niente più del cibo determina la nostra salute e scandisce la nostra vita quotidiana. Vi rimando alla dettagliata risposta di Slow Food a Coldiretti — anche sul sito diRepubblica — e prometto di indagare sui benefici effetti delle catene di fast food sulla biodiversità del pianeta Terra.
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