Il danno enorme al paese lo si scoprirà probabilmente tra una trentina d'anni, allorché degli storici, dei filosofi, contabilizzeranno, senza alcuna intromissione, i malefici culturali e sociali a questa nazione. Sarà troppo tardi per gli attuali abitanti ma, ed è questa la speranza, un monito, forse un impercettibile vagito, per chi in quel futuro crescerà, studierà per farsi un'opinione politica.
L'assoluzione di ieri è il gran finale, scontatissimo, di una delle più sciagurate e mefitiche commedie all'italiana che ahimè abbiamo vissuto sulla nostra pelle, stordendoci, ammansendoci, intorpidendoci in cervice, grazie alla celeberrima scaltrezza del sempre sorridente boss meneghino e alla sua innata abilità ad abbattere ostacoli e frammezzi grazie al dinè di cui è portatore insano.
Abbiamo ruminato ed introitato totem giganteschi che in quasi tutti gli altri paesi definiti civili, lo avrebbero portato in gabbia, come si fa normalmente con i grandi criminali.
E' riuscito assieme alla sua ciurma a farci soprassedere all'acclarato delitto trasmessoci da una sentenza definitiva, di aver pagato almeno fino al 1994 tangenti alla mafia di Riina, attraverso l'operato mafioso del suo fratello di latte Marcello Dell'Utri, condannato Il 1° luglio 2014, con il deposito delle motivazioni della sentenza n. 28225 in via definitiva alla pena di sette anni di reclusione per il delitto di concorso esterno in associazione mafiosa.
Quale altra nazione avrebbe continuato a tenersi tra i coglioni un delinquente di questo stampo? Nessuna.
Invece in queste lande, grazie ad una sinistra flaccida, mielosa, affascinata, spaesata, timida, invaghita (basti pensare al proposito a Lucianino Violante) in tre decenni non si è riusciti a limitarne l'enorme conflitto d'interessi scatenato dal possedimento diretto ed indiretto di oltre la metà, da presidente del consiglio sfiorò addirittura il novantapercento, dei media nazionali, in special modo nel campo televisivo ottenuto e protetto da una mega tangente finita nelle mani senza fondo del Cinghialone che ancor oggi molti ci invitano a considerare esiliato, nella realtà un fuggiasco. E grazie all'abilità mediatica, al soporifero incunearsi di normalità in cuori e teste prima pensanti, l'appagamento di molti ha contribuito a normalizzare sconcezze altisonanti, come l'addomesticamento di regole e norme mediante leggi antidemocratiche avvallate dagli innumerevoli vassalli di cui fu pregno il parlamento di quelle torbide epoche. E poi uveiti, prostatiti, svenimenti, impegni palesemente ad minchiam, grazie ai quali i processi si sono dilungati sino a dissolversi alla faccia di tutti noi.
Senza contare i tesori messi al riparo in paradisi fiscali, restiamo col cerino in mano nell'apprendere che Ruby e le varie peripatetiche non sono mai esistite, che al solito c'è puzza di persecuzione giudiziaria verso quell'ometto tanto buono, galoppante sulla costituzione grazie alle fregnacce divenute tradizione popolare tipo "ma lui è già ricco, se governasse non ruberebbe nulla, anzi!"
Il cerino si sta quindi spegnendo, come la speranza di vedere il ritorno alla normalità legale di questo stato tanto ammalorato dalle scorribande etiche dell'impomatato testé scagionato, ora simbolo e santo. Santo subito!
Nessun commento:
Posta un commento