Il Punto M
di Marco Travaglio
C’è sempre un momento, nella carriera di un leader, che somiglia al punto di rottura del cristallo infrangibile: lo colpisci un’infinità di volte e resiste, poi prende un colpetto in un punto debole nascosto e si crepa tutto o va in mille pezzi. Non sappiamo se per Giorgia Meloni quel momento, o quel punto, sarà la questione dei carburanti, ma ne ha tutta l’aria. Intendiamoci: nulla che possa far cadere il governo o prosciugare il largo consenso di cui gode la premier. Ma qualcosa – vedremo se piccolo o grande – sembra essersi rotto nell’idillio col suo popolo. Non per merito dell’opposizione, divisa e per due terzi inesistente. Ma per merito suo: ha fatto tutto lei. Prima ha promesso di abolire le accise, insultando i governi che non lo facevano. Poi non solo le ha mantenute, ma ha pure abolito gli sconti del governo Draghi. Scelta politica che, visti i pochi soldi a disposizione, gli italiani avrebbero capito, se la Meloni non avesse puntato il dito su fantomatici colpevoli dei conseguenti aumenti, inventando nemici tanto comodi quanto invisibili: gli “speculatori”. Che esistono eccome, ma stavolta non c’entrano nulla, visto che gli aumenti collimano al millesimo con gli sconti cancellati. L’han detto pure il ministro Pichetto e il comandante della Gdf Zafarana, allibito per esser stato convocato da Meloni e Giorgetti per indagare sui rincari causati da Meloni e Giorgetti.
A quel punto Meloni ha perso la trebisonda e s’è l’è presa con imprecisate “campagne di stampa”, anche se tutta quella di destra e quasi tutta quella “indipendente” (per non parlare dei tg-scendiletto) continuano a menarla su inesistenti “furbetti” e “speculatori”. Sempre più incartata, la premier ha detto che in campagna elettorale “non ho mai promesso il taglio delle accise”. Strano, perché il programma elettorale di FdI, di cui lei pare sia la leader, recita: “Sterilizzazione delle entrate dello Stato da imposte su energia e carburanti e automatica riduzione di Iva e accise”. È anche su questa promessa che ha preso il 26% dei voti e ora deve spiegare perché fa l’opposto, su un raro caso in cui non può incolpare il governo precedente. Potrebbe prendersela con gli speculatori delle armi e con Draghi per le vere ragioni di tutti i rincari: le sanzioni alla Russia che danneggiano più i sanzionatori che il sanzionato; e il nulla fatto per agevolare il cessate il fuoco (e le sanzioni). Invece ieri ha deciso – in ottima compagnia di Pd, Azione e Iv – di inviare altre armi: quindi, per il poco che attiene all’Italia, la guerra deve proseguire a oltranza e la lobby degli armamenti continuare a ingrassare sulla pelle degli ucraini e a spese nostre. Si potrebbe dire “chi è causa del suo mal pianga se stesso”, se il mal non fosse il nostro.
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