Santanchè, i lidi e i liberisti alle vongole (quelle nostre)
DI DANIELA RANIERI
La palma del macchiettismo, tra le figure di questo governo (posto che Salvini è fuori gara, macchietta emerita), se la giocano in tre: il ministro all’altrui Istruzione e Merito Valditara, fautore dell’umiliazione (o umiltà: per lui sono equivalenti) per gli studenti indisciplinati; il presidente del Senato La Russa, promotore della mini-naja di 40 giorni per ragazzi che vogliano “partecipare alla vita militare, nel corpo degli alpini o in altri corpi, avere un addestramento” e “imparare cos’è l’amore per l’Italia”, convertibile in “punti” per la maturità o l’università (il chirurgo che ci deve operare alla colecisti, nel caso avesse saltato l’esame relativo per mini-arruolarsi per la Patria, può sempre prodursi in manovre di cecchinaggio, camuffamento e disinnesco di ordigni in sala operatoria); e Santanché, proprietaria dello stabilimento balneare dei vip in Versilia e quindi ministra del Turismo, che fa simpatia coi suoi filtri ringiovanenti su Instagram, tali che una volta, abusandone, ringiovanì sul televisore alle sue spalle pure la faccia di Draghi, di colpo ventenne.
Ieri la ministra al Twiga ha distaccato i concorrenti: all’assemblea di Confesercenti ha lanciato la “provocazione” di mettere a gara le spiagge libere “per evitare l’arrivo in questi lidi di tossicodipendenti e rifiuti” (sui lidi dei ricchi non ci sono tossicodipendenti, semmai clienti facoltosi), esortando invece a metterci il cuore in pace sulle gare pubbliche per l’assegnazione di concessioni demaniali già date (o prese), tra le quali incidentalmente la sua (grave “cambiare i patti in corso, le imprese hanno bisogno di stabilità”). Poi se l’è presa col Rdc, che sottrae manodopera ai suoi colleghi balneari facendo concorrenza sleale ai loro salari da fame.
Il Twiga, dove una “experience indimenticabile” nella “tenda araba” costa 700 euro al giorno, nel 2021 ha fatturato 6 milioni di euro pagando allo Stato 17mila euro di canone, roba che persino il suo socio Briatore s’è vergognato; perciò Santanché teme l’arrivo sulle spiagge delle concorrenziali multinazionali, la qual cosa le smuove dentro tutto un sovranismo gastro-emotivo: “Mi fa sentire male l’idea: pensate se non potessimo più mangiare i nostri spaghetti alle vongole o la nostra parmigiana di melenzane” (sic). In attesa di questi stranieri che ci tolgono il cibo autarchico di bocca per ingozzarci di piatti fusion, al Twiga il menù prevede ceviche di tonno, guacamole con chips di Platano, polpo Teriyaki, sushi e sashimi. Tutti uguali, i liberisti alle vongole: il mercato libero gli piace solo con la roba nostra.
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