giovedì 3 novembre 2022

L'Amaca

 In nome della legge

DI MICHELE SERRA
Il Salvini compare nei tigì nel suo format preferito, l’influencer che non le manda a dire (così la Rai risparmia anche il disturbo di mandare una troupe), e fa un annuncio davvero clamoroso: «Finalmente in questo Paese si rispetteranno le leggi». È una grande notizia. Anzi, è la notizia che milioni di italiani aspettano da una vita.
Il primo pensiero corre alla mafia: la pacchia è finita. Poi agli evasori fiscali: pagheranno il dovuto, secondo legge.
E gli stadi non saranno più privatizzati a suon di sberle dagli ultras, torneranno dopo decenni a essere luoghi pubblici, era ora. E il caporalato agricolo? I raccoglitori di pomodori pagati due euro all’ora? Presto saranno solo un ricordo, perché le leggi che tutelano il lavoro ci sono, e vanno solo applicate. La malavita economica, quella che ricicla e sposta miliardi? Avrà il fatto suo. I diffusori di fake-news dolose, non gli scemi che se le bevono, i mascalzoni stipendiati che le mettono in Rete con metodo e avvelenano il dibattito pubblico, e linciano le persone? Guai a loro, di qui in poi rischiano di finire sotto processo e di pagare a caro prezzo il loro veleno.
Va bene, lo so, il Salvini stava solo parlando della stretta sui rave party. Ma bisognerà pure cominciare da qualche parte, se si crede nella legge. Vedrete che adesso la legge, per contagio, dilagherà anche nel resto del Paese. Si comincia sequestrando un paio di altoparlanti, poi si procede spediti sulla via della legalità, fino all’irruzione della polizia nei paradisi fiscali. Senza fare sconti a nessuno, naturalmente. A sorvegliare e punire i ragazzini tatuati, o i migranti sfiancati da mesi di viaggio, sono capaci tutti.
Aspettiamo il seguito, dunque.
Dateci notizie.

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