domenica 20 novembre 2022

L'Amaca

 


Come allentare il nodo
DI MICHELE SERRA
La Regione Veneto non fa eccezione al trend virtuoso, volenteroso, “pulito” che istituzioni di ogni ordine e grado annunciano di avere imboccato. Ma la attende una impresa semplicemente titanica. Il consumo di suolo, in quella regione operosa, sfiora in alcune zone (la provincia di Padova) l’incredibile quota del 50 per cento. Significa che la metà del territorio è cementificato. I capannoni, in regione, sono oltre novantamila, più o meno uno ogni cinquantacinque abitanti, sparpagliati ovunque, come se li avesse sparati dal cielo un cecchino pazzo. Di questi, undicimila sono dismessi.
Poiché demolirli costa, e nessuno vuole comprare dei relitti, giacciono come un immenso esercito in rotta, testimonianza dell’alto prezzo che gran parte del Nord Italia, nella seconda metà del secolo scorso, ha pagato al suo benessere economico: la devastazione sistematica del territorio.
La cosiddetta Patria, poi divenuta oggetto di acceso amore federalista, deturpata e sfruttata senza riguardo dai suoi stessi figli.
Un grande veneto, Andrea Zanzotto, definì “sviluppo scorsoio” quel modello di sviluppo. Ora ci si domanda come allentare il nodo, ammesso che sia ancora possibile tornare a respirare.
Servono idee e risorse, e dice giusto Renzo Piano, la sfida entusiasmante sarebbe il rammendo del territorio, insomma riparare i danni (gravi) che fino a qui ci siamo autoprocurati. Ma undicimila capannoni dismessi, come li rammendi? Che te ne fai, come li smaltisci, o come li recuperi? Forse ci sono cose che non hanno rimedio.

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