venerdì 21 ottobre 2022

L'Amaca

 

Il lavoro della politica
DI MICHELE SERRA
Non ci fosse stato Berlusconi, sarebbero state le consultazioni più noiose di tutti i tempi, visto l’esito scontato. Presto le ciance senili sull’amico Putin saranno dimenticate e si dovrà prendere atto (anche Meloni) del vero problema che incombe, ovvero il basso profilo della classe dirigente della destra italiana.
Meloni non può dirlo, ma il ricorso a tecnici e personalità “esterne” non le servirebbe soltanto per sottrarre almeno alcuni ministeri alla spartizione tra i partiti (compreso il suo), ma soprattutto per rendere più autorevole e meno evanescente il suo governo. Tra i nomi “di partito” che circolano ci sono carneadi da fare invidia ai cinquestelle, con la differenza (peggiorativa) che non si tratta di esordienti allo sbaraglio, ma di un personale politico di nessun carisma e spesso logoro, la cui principale attività conosciuta sono le frasette di ordinanza recitate a memoria nei tigì della sera.
Sono sicuro che se Meloni potesse, a parte un ristretto manipolo dei suoi, metterebbe tecnici dappertutto, e non perché il suo mandato non sia politico (lo è in pieno), ma perché ha un disperato bisogno di competenze e di prestigio, come per dare ossatura alla clamorosa bolla elettorale che la porta a Palazzo.
Tutta la retorica sulla “ragazza della Garbatella” sarà presto alle spalle, inutile e vacua come l’intero armamentario (pluridecennale) dell’antipolitica, che fu già di Berlusconi, poi di Grillo, poi del populismo di destra vittorioso. Il lavoro della politica è fare politica. Quando governi nessuno ti chiede più, e si chiede più, se sei della Garbatella o dei Parioli.

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