sabato 1 ottobre 2022

Anto'

 

Eutanasia Pd: ogni volta, solite critiche
di Antonio Padellaro
Regolarmente, dopo ogni sconfitta del Pd (dunque spessissimo) piovono sul Pd, dagli amici delusi del Pd, quantità industriali di critiche dolenti. Sempre le stesse. Siete (siamo) fiacchi, noiosi, pallosi. Non sapete (non sappiamo) parlare alla gente, ai giovani, ai vecchi, agli operai, ai contadini, agli imprenditori. Si sfogliano le pagine gialle delle categorie più trascurate, praticamente tutte. Segue, regolarmente, la fase dei consigli non richiesti affidata agli intellettuali di riferimento, ciascuno con la sua infallibile ricetta.
Scrittori: “Cara sinistra, per risorgere devi sorridere” (Francesco Piccolo). Psicanalisti: “Uno dei presupposti etici fondamentali del discorso progressista deve essere il fine vita” (Massimo Recalcati).
Mentre il lettore cerca di immaginare come possa un partito promuovere l’eutanasia ridendoci sopra, nel Pd contrito si apre l’attesa fase del dibattito interno. Regolarmente, attraverso l’uso incalzante e pomposo del verbo servire, declinato nella forma esortativa: “Serve un vero congresso costituente del nuovo Pd” (Enrico Letta). “Mi candido se serve” (Stefano Bonaccini). Manca soltanto: “La serva serve” (Totò a colori).
Ma il segretario uscente conosce i suoi polli e dice che “l’assenza di contenuti forti e volti nuovi rischiano di trasformare il Congresso in un casting e in una messa in scena staccata dalla realtà e lontana dalle persone”. Ma quando Letta evoca il Pd delle “maschere pirandelliane”, con i cosiddetti leader interessati più ad apparire che a essere, temiamo che sarà sicuramente così. Perché il 25 settembre ha segnato con la sconfitta del partito la vittoria del “deep Pd, quel circolo che da anni gestisce il traffico del potere interno ed esterno e sopravvive ai segretari come i boiardi ai ministri” (Stefano Cappellini su Repubblica).
Del resto, se alla base di questa visione “politica” c’è la conservazione dell’esistente, attraverso l’elettore usa e getta, si spiegano tante cose. Per esempio, la cancellazione suicida del “campo largo” col M5S di Giuseppe Conte, fino al punto di rinunciare a vincere in quei venti collegi senatoriali che potevano essere strappati alla destra impedendo la nascita del governo Meloni. Hanno preferito perdere. E perderci.

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