Come i polli di Renzo
DI MICHELE SERRA
Iterzopolisti (nome esagerato: il loro partito è il sesto) sono importanti. Ho elettori di Calenda in famiglia e mio padre votava Malagodi, dunque conosco bene, oso dire attraverso i secoli, le virtù politiche dei liberal-democratici: il loro realismo e la loro temperanza.
Quelli di oggi hanno però un difetto molto insolito per chi si colloca al centro: sono estremisti, atteggiamento che si riflette nei toni spesso esagitati.
Per avere osato scrivere che Calenda ha preso molti voti tra i giovani dei bar del centro mi sono preso, nell’ordine, del razzista, dell’orrendo trombone e del milanese imbruttito (quest’ultima notazione mi ha reso felice, nessuno si ricorda mai che sono milanese, d’adozione però fino al midollo).
Ora, i casi sono due: o la vera ambizione dei terzopolisti è conquistare Scampia e lo Zen, e dunque è una grave offesa tacciarli di elitarismo, oppure devono serenamente prendere atto di essere i più votati tra i bocconiani (37 per cento), infrequenti nei bar della Bovisa o di Torpignattara.
Da vent’anni mi prendo del radical chic— non essendolo — e, come direbbero gli elettori di Meloni, me ne frego.
Ora che questa nomea tocca ai calendiani, mi permetto di suggerire loro di non offendersi, è una perdita di tempo, leva lucidità e impedisce, per giunta, di capire quello che sta succedendo. Nel momento in cui un giornale di destra già specializzato in manganellate, ringalluzzito dalla vittoria elettorale, definisce uomo di merda, in prima pagina, lo scrittore Antonio Scurati (ha scritto un libro su Mussolini e ha detto che Meloni e il partito della fiamma sono eredi del fascismo: pensate!), è il caso, per gli sconfitti, di beccarsi tra loro come i polli di Renzi, volevo dire di Renzo?
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