domenica 4 settembre 2022

Amaca riflettente

 

La fine del presente
DI MICHELE SERRA
La pasta che finisce di cuocere a fuoco spento sta facendo il giro dei media, vecchi e nuovi. Difficile classificarla tra le innovazioni tecnologiche o tra le scoperte scientifiche.
Appartiene alla vasta gamma di espedienti per risparmiare che costituiva l’impianto culturale quotidiano dei nostri nonni e delle nostre nonne. Dal riutilizzo degli avanzi in cucina (base della gastronomia popolare italiana) al rammendo dei calzini, dalla risuolatura delle scarpe alle toppe sui gomiti dei maglioni, ci si arrangiava con quello che si aveva.
La poetica dei “bei tempi andati” è viziata dall’oblio. Nei bei tempi andati c’erano la guerra, la fame e il gelo, si moriva di influenza e di tisi, la mortalità infantile era dieci volte più alta e la vita media molto più breve. La povertà era la condizione normale delle moltitudini.
Il nostro problema è che i bei tempi andati sono poi stati soppiantati, almeno qui in Occidente, da una crapula mai vista sotto il cielo, fondata sull’usa e getta, sullo scialo spensierato, sull’uso indiscriminato di qualunque risorsa come se fosse una cornucopia inestinguibile: incluso il denaro, che spendiamo anche quando non c’è grazie a una confidenza con il debito che ai nostri nonni sarebbe sembrata pura follia.
Non è dunque per tornare a un ruvido passato, ma per evitare la fine del presente che dovremo tornare a dosare, a parte il gas, pure tutto il resto. Putin è solo un accidente: stare attenti a cosa si consuma sarà, per figli e nipoti, una pratica costante. Non ci piacque la decrescita come scelta, ci toccherà sorbircela come obbligo. E non è nemmeno detto che sia felice.

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