martedì 30 agosto 2022

L'Amaca

 

Fratelli Bianchi quotidiani
DI MICHELE SERRA
Quante immagini dei fratelli Bianchi sono state pubblicate, specie nelle edizioni online dei giornali, dai tempi del loro crimine a oggi?
Sicuramente migliaia, con minuziosi resoconti delle loro abitudini, dei loro discorsi (per così dire), della loro vita personale. Un interminabile viaggio, tuttora in corso, nella brutalità morale e nella tristezza estetica in cui versano strati non piccoli della popolazione occidentale nell’epoca della sua rapida decadenza.
Mi chiedo se fosse possibile evitarlo, e come, ma mi rendo conto che è una domanda ingenua. Presume che l’informazione sia un’attività con ampio margine di scelta. Che, cioè, si possa decidere in piena autonomia che cosa pubblicare, che cosa non. Ma non è più così. Se il campionato mondiale di rutto con la bocca piena ottiene milioni di clic, diventa un obbligo pubblicare i primi piani del vincitore in azione. Idem per i bruti di Gomorra, Suburra e affini, quelli veri e quelli fiction, che inevitabilmente diventano modelli estetici e magari di vita. Idem, passando al genere leggero, per matrimoni e divorzi dei vip, un tempo confinati nel sontuoso ghetto dei rotocalchi “da parrucchiere” (milioni di copie) ma accuratamente ignorati dall’informazione considerata, a ragione o a torto, autorevole.
Fine degli steccati, decidono i clic, tutto si mischia, tutto ha lo stesso valore, anche per le notizie “una vale una”.
E dunque, sotto con i fratelli Bianchi, da sconosciuti e miserevoli tàngheri di periferia promossi a Icone del Male.
Fosse per me, ne tacerei per sempre il nome e ne oscurerei in eterno le facce e i tatuaggi. Censura? Ma no, si chiama scelta. Non è la stessa cosa.

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