sabato 27 agosto 2022

L'Amaca

 

Il crimine dello spreco
DI MICHELE SERRA
Ci sono sicuramente ragioni tecnico-tattiche (di calcolo economico, di ricatto politico) dietro la scelta russa di bruciare il gas invenduto piuttosto che stoccarlo, o diminuire il prelievo. Ma si rimane ugualmente interdetti di fronte allo spettacolo di quella fiamma che brucia a vuoto, al servizio di nessuna causa se non quella di intossicare un poco di più il cielo sopra l’Artico. È la stessa angosciosa sensazione di dissipazione che ci prende di fronte al latte versato sull’asfalto, ai pomodori e agli agrumi buttati nei fossi, ai pozzi di petrolio incendiati dalle guerre, allo scialo di valore che per gli uomini è una scellerata abitudine.
Valore e prezzo non sono la stessa cosa.
Che il grano costi poco o molto, niente cambia del valore contenuto nel pane, che si valuta in carboidrati, in nutrimento, in sapore, in convivio.
Bruciare energia senza altro scopo che bruciarla, specie adesso che la Terra ci sembra un limone spremuto, finalmente ci appare per quello che è: un delitto.
C’è qualcosa di criminale nello spreco, ce lo dice la ragione e ce lo dice perfino il sentimento antico della parsimonia, che non è tirchieria, è rispetto del valore delle cose. Me lo dice spesso un amico genovese, sorridendo della sua genovesità, che la tirchieria è un vizio e la parsimonia una virtù. Il gas bruciato al vento dai russi, in questi giorni, sarebbe calore per le case e le persone, energia per le fabbriche. Si è sventrata la terra, per estrarlo. Sprecarlo è una bestemmia contro la natura, che a differenza di noi sa fare di conto.
E più presto di quello che crediamo, quel conto, ce lo presenterà.

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