La famiglia come feticcio
DI MICHELE SERRA
Ogni campagna elettorale è (anche) un tuffo nel ridicolo. Quando Rita Dalla Chiesa, candidata per Forza Italia, dice che “per Berlusconi la famiglia è tutto, abbiamo gli stessi valori”, si ride di gusto. Berlusconi ha avuto due mogli ufficiali, ne ha una terza ufficiosa, ha noleggiato interi torpedoni di nipoti di Mubarak, e non ha mai fatto mistero di questa sua forma di collezionismo, assai favorita dalla disponibilità di denaro e da una allegra compagnia di amiconi molto partecipi.
Può darsi che per lui la famiglia sia tutto da un unico punto di vista, quello patrimoniale, alla luce del fatto che la drastica riduzione delle tasse di successione è stata la sua più evidente riforma strutturale del nostro disgraziato Paese. Ma dal punto di vista ideologico, politico, culturale, etico, perfino logico, come diavolo si fa a indicare, come suo eminente pregio, la devozione alla Famiglia, questo feticcio che la destra italiana sventola nelle piazze per intortare le nonnine, ma a casa sua considera come un impiccio da aggirare?
Gentile signora Dalla Chiesa, le parlo da divorziato a divorziata (lei due volte, io una sola, noi di sinistra siamo sempre più timidi). Lasci perdere la famiglia, che è una componente assai vaga e mutevole del presente. Un work in progress il cui esito non è determinabile né dai bigotti, né dai puttanieri. Parli d’altro. Faccia come se, di fronte a lei, non avesse la sua audience di nonnine, ma dei cittadini adulti. Sappiamo tutti due che non è vero, ma almeno faccia finta che una campagna elettorale sia una cosa seria, e che anche le nonnine, soprattutto le nonnine, meritino di essere trattate da cittadine adulte.
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