venerdì 17 giugno 2022

Però...

 

L’Etruria e i Boschi: quello che Renzi&C. fingono di ignorare
PROMEMORIA - Il padre dell’ex ministra esce indenne dai giudizi ma restano multe di Bankitalia e premure del governo sulla banca
DI NICOLA BORZI E MARCO GRASSO
L’assoluzione dell’altroieri “perché il fatto non sussiste” di Pier Luigi Boschi, insieme agli altri 13 imputati del processo sul filone “consulenze d’oro” per il crac di Banca Etruria, è solo l’ultima vittoria penale dell’ex amministratore dell’istituto di Arezzo, padre dell’ex ministro, ex sottosegretario e oggi capogruppo di Italia Viva alla Camera Maria Elena. La vicenda è legata a 4 milioni di parcelle pagate a vari advisor, mentre la banca era già decotta; Bankitalia aveva chiesto che la banca si aggregasse con un partner di “adeguato standing” individuato nella Popolare di Vicenza, che però salterà per aria nel 2017.
Alla notizia dell’assoluzione, Maria Elena Boschi ha detto di aver pianto, di essere sempre stata certa che sarebbe finita così, ha ricordato con commozione “gli insulti sessisti”. È seguita una slavina di dichiarazioni di esponenti di Italia Viva: “I giustizialisti chiedano scusa a Boschi (Portas); “Circuito mediatico-politico fuori asse” (Marattin); “Dovrebbero chiedere scusa ma non lo faranno” (Marcucci); “Ora è chiaro che i mostri non eravamo noi” (Matteo Renzi, con annesso spot del suo ultimo libro). Silenzio sui migliaia di risparmiatori che nel crac di Arezzo hanno perso i loro risparmi. Uno per tutti: Luigino D’Angelo, pensionato di Civitavecchia, convinto a investire tutto ciò che aveva nelle obbligazioni subordinate di Etruria. La banca prestava soldi agli amici degli amici senza chiedere garanzie. I prestiti non venivano restituiti, Etruria finiva in difficoltà e Banca d’Italia disponeva un rafforzamento patrimoniale. La banca a quel punto riempiva di spazzatura il “parco buoi”, i tanti Luigino D’Angelo che si fidavano dell’istituto del territorio. A febbraio 2015 la Popolare aretina veniva commissariata. Il 21 novembre andava in “risoluzione”: azioni e subordinati venivano azzerati. Il 28 novembre D’Angelo si impiccava dopo aver visto andare in fumo i risparmi di una vita.
Pier Luigi Boschi sinora è uscito indenne dai processi per l’ex Popolare. L’avvocato Gildo Ursini che lo ha difeso ricorda che questo “era l’ultimo filone aperto nei suoi confronti, mentre tutte le inchieste precedenti erano già state chiuse con archiviazioni. Nel procedimento per bancarotta fraudolenta e documentale è stato archiviato al momento della chiusura delle indagini”, mentre per altri 26 imputati ci sono state 22 assoluzioni “perché il fatto non sussiste”, una sola condanna con rito ordinario, quattro con rito abbreviato. “Anche per le indagini per ricorso abusivo al credito e falso in prospetto e per la contestazione di bancarotta per la risoluzione del rapporto di lavoro dell’ex direttore generale Bronchi, Boschi è uscito con l’archiviazione sempre alla chiusura delle indagini”, conclude Ursini.
Il 22 marzo 2019 però la Cassazione ha confermato le sanzioni per 2,5 milioni irrogate da Banca d’Italia nel 2014 ad alcuni amministratori dopo ispezioni che avevano rilevato “violazioni delle disposizioni sulla governance”, “carenze nell’organizzazione e nei controlli interni” e “nella gestione e nel controllo del credito”, nonché “omesse e inesatte segnalazioni all’autorità di vigilanza”. Boschi era stato sanzionato per 144 mila euro. Il primo marzo 2016, la Banca d’Italia ha poi comminato 2,24 milioni di multa complessiva a 27 esponenti della banca, compreso Boschi per 130 mila euro. Su queste sanzioni pendono quattro ricorsi in Cassazione di sette dirigenti. Nel 2017 Boschi era stato sanzionato anche da Consob per 90mila euro per presunte violazioni di norme finanziarie, ma la corte d’Appello di Firenze nel 2019 ha annullato le sanzioni.
Le vicende giudiziarie però sono solo una parte dell’intrico aretino: una parte rilevante di questa storia come l’ombra lunga del conflitto di interessi non è oggetto di giudizio penale e su questa i Boschi e i politici di Italia Viva sorvolano. In Etruria Boschi fu consigliere dal 3 aprile 2011 al 3 maggio 2014, vicepresidente dal 4 maggio 2014 all’11 febbraio 2015 e membro del Comitato esecutivo dal 22 febbraio 2013 all’11 febbraio 2015, quando la banca fu commissariata per “gravi perdite del patrimonio”. Erano i mesi caldi dello scontro con Banca d’Italia. A febbraio 2014 nasceva il governo Renzi, con Maria Elena Boschi ministra. Ma già tra febbraio e marzo 2014 Maria Elena Boschi faceva visita all’allora presidente della Consob Giuseppe Vegas e gli comunicava – ha sostenuto Vegas – la sua preoccupazione per il futuro della banca e lo informava della prossima nomina del padre. A marzo 2014, nella villa dei Boschi a Laterina (presenti padre e figlia), in una riunione con i vertici di Veneto Banca, in condizioni simili a Etruria, si discuteva come scongiurare il commissariamento. A gennaio 2015, l’amministratore delegato di UniCredit Federico Ghizzoni riceveva la Boschi: “Mi chiese se era pensabile per UniCredit un intervento su Etruria. Risposi che per acquisizioni non ero grado di dare risposta positiva o negativa ma che avevamo già avuto contatto con la banca e che avremmo dato risposta. Cosa su cui il ministro convenne. Fu un colloquio cordiale e non avverti pressioni da parte del ministro” (scoop di Ferruccio de Bortoli). In seguito Ghizzoni ricevette una mail nella quale Marco Carrai scriveva “Su Etruria mi è stato chiesto nel rispetto dei ruoli di sollecitarti se possibile”. L’ex banchiere riferì che “la mia prima reazione fu di chiedermi chi lo aveva sollecitato (Carrai, ndr)”. Il 16 gennaio 2016 il bancarottiere Flavio Carboni rivelò che “Pier Luigi Boschi è venuto da me due volte a Roma, un anno e mezzo fa”. Agli incontri partecipò Valeriano Mureddu: confermò che Boschi “mi chiese se conoscessi qualcuno molto preparato che potesse ricoprire il ruolo di direttore generale di Etruria, e io pensai di rivolgermi al mio amico Carboni”. Su tutto questo, però, i renziani glissano.

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