lunedì 7 marzo 2022

Nel microcosmo

 


Dovessimo estinguerci, e ce ne sarebbe più di una ragione valida al proposito, questa foto spiegherebbe più di ogni altra cosa l'ecatombe planetaria, ed ammesso e non concesso che un giorno qualcuno visitasse quel sassolino blu affogato nel buio planetario, questa foto probabilmente potrebbe semplificargli di molto la ricerca della verità. Irpin una città misteriosa e mai prima conosciuta, a causa della personale ignoranza; Irpin sgomita per far emergere l'assurdità, la grettezza, l'ignominia, l'insensatezza di questo mondo, concepito ed organizzato rancorosamente, da sempre, dalla notte dei tempi, con l'odio e la prevaricazione a farla da padroni, ma poi ti insegnano a scuola che la modernità, la tecnologia, l'allungamento della vita dovrebbero lenire i miasmi scaturenti dal dna; e invece no! Assassini ovunque, spietati cecchini in ogni dove: Africa, Medio Oriente ed ora qui nel cuore della cosiddetta civilissima Europa, civilissima de ché! Si muore senza un motivo, non frega un cazzo a nessuno del valore della vita umana, lo schiavismo è ancora qui porcaccia miseria! 

Ma torniamo ad Irpin l'anello per incunearci nel sottobosco, differente da quanto ci narrano i media; sottobosco basilare per ruminare attorno agli eventi. E allora Irpin ce ne offre l'occasione. Facciamo silenzio e ascoltiamo quella mano, quella valigia. 

La famiglia di cui non conosciamo i nomi, e questo ci agevola per condividere i tristi momenti, era probabilmente immersa nella normalità quotidiana; un giorno poi il padre sarà arrivato in casa portando una notizia già viaggiante nei punti focali della vita di Irpin, come del resto del mondo: luogo di lavoro, bar, barbiere, il macellaio, il parroco. A tavola il padre avrà detto probabilmente che le manovre che Putin stava organizzando vicino al confine ucraino non sono una bella cosa. La bimba la cui mano probabilmente scorgiamo nella foto sarà stata presa dalle attrazioni comuni tipiche delle adolescenti: le amiche, il cellulare, i primi amori e non avrà dato peso a quanto suo padre stava raccontando. D'altronde non si da mai peso a quello che s'intravede di poco buono all'orizzonte, lo impone l'attaccamento quasi morboso a quella normalità che per molti è vita, soprattutto se si riesce gioiosamente  a "frizzantinare" la normalità. E i giorni successivi, a tavola, i discorsi sull'aumento dei soldati russi trascinava sempre più verso quel clima insolito, innervosente, leggermente sconquassante, adiposo, che i traguardi prossimi venturi, avranno con fatica sempre maggiore cercato di mitigare. E poi al mattino a scuola i sani chiacchiericci avranno cancellato la leggera inquietudine serale. Ma ecco che un mattino la radio ha portato alla mamma la notizia dell'inizio dei bombardamenti; quella mattina la giovane avrà trovato un'aria diversa al risveglio, un mix di nervosismo, di telefonate, di discorsi da grandi magari interscambiabili con i vicini, farciti dei classici riporti di amici che conoscono persone lavoranti in ambienti comunali, i quali tendevano a smentire quello, ingigantendo quell'altro aspetto; e a scuola il "mi ha detto mio padre che" contribuivano ad annebbiare l'esigenza di vivere armoniosamente, tipica dei giovani. Già amica mia! Avevi proprio ragione a domandartelo, lo immagino per cercare quella vicinanza che mi porta ad onorare il tuo martirio: ma perché mai dovrebbe invaderci? Che male gli abbiamo fatto? Proprio così. Che senso ha quest'invasione agli occhi di una ragazzina? Di un fratello, di un padre e di una madre. Che cosa gli abbiamo fatto di male? In ogni epoca sono esistite delle problematiche politiche destinate agli addetti ai lavori, in realtà fetecchie, baggianate sorte solo per tener pulito e ben definito il solco tracciato da coloro che, grazie a supercazzole planetarie, vegetano infiascando aria fritta che nulla porta di valido e buono all'edificazione di una società giusta e universale. Confini, imboscate, attacchi, sacrilegi liberticidi: tutto costruito ad arte per smerciare armi sempre più tecnologiche, offuscando quella sanissima idea che la guerra sia sempre ed incontrovertibilmente un'eclatante stronzata compiuta da assassini legalizzati. 

Ma torniamo ad Irpin, a quella famiglia e a quella valigia: un giorno la mamma si è convinta, magari corroborata dai sordi rumori di fondo delle esplosioni, che sarebbe stato meglio se avessero lasciato la città. E qui che il sottobosco si fa più intricato. Perché dobbiamo soffermarci sul fatto che qualcuno, ovunque, venga portato a pensare che la soluzione migliore dovrebbe essere quella di lasciare tutto e partire. Lasciare tutto e partire. Guardiamoci attorno: la casa, i comfort conquistati da anni di fatiche lavorative; gli amici, le cene, le scampagnate, il passeggio in centro, l'aperitivo con gli amici, il libro in salotto, la playstation, la tv, le partite di calcio, la musica, l'auto di papà, quel ragazzo che ogni tanto mi sorride. Si, cara amica. Avresti dovuto lasciare tutto, ma proprio tutto. Partire per chissà dove, con una valigia in cui riposano e riposeranno, sentendosi in colpa visto che non son stati toccati dalla furia devastante, le poche cose che siete riusciti a riporvi. Dai partiamo, mi hanno detto che si è aperto un varco umanitario. Usciamo di corsa e superato il ponte che è stato fatto crollare per rallentare la marcia dei russi, saremo al sicuro! Papà ma non capisco perché dobbiamo fuggire! Che male abbiamo fatto per dover scappare? 

Escono in quattro, fuori ci sono altri come loro che stanno viaggiando verso la tranquillità, verso il rifugio. Camminano e con loro la valigia. Hanno le menti assonnate al punto che tutto sembra un brutto sogno. Non può essere la realtà questa! Non c'è un perché! Non abbiamo fatto nulla di male! 

Camminano incontro al colpo di mortaio che in un attimo polverizza le loro vite normali, lasciando intonsa la valigia. Volatilizzati da un'esplosione. La polvere che si posa svela al mondo ciò che l'uomo è capace di compiere ai suoi simili, riducendo in poltiglia la vita ed il suo valore. La gente attorno ha continuato a camminare come quelle del tempo nazista allorché qualcuno iniziava a sparare nel mucchio, abbattendo inermi senza motivo. Hanno continuato a camminare senza girarsi, sperando di non essere i successivi sorteggiati dalla pazzia abominevole. 

Mentre contemplo la tua mano, amico, amica mia, spaesato e svuotato dall'assurdità apparentemente invincibile, m'impongo di far pegno al cospetto di cotanta malvagità: ti prometto che non passerà giorno in cui non ti rivolgerò uno sguardo dal cuore. Ricordandoti fino a che non volerò anch'io nella quiete lontana da questa inguardabile realtà, credo che ciò rappresenterà un piccolissimo, minuscolo buffetto, atto ad incentivarti a credere che la tua non è stata affatto una vita inutile, consumata da quella malvagità latente che assedia da sempre il nostro habitat. Questa volta non sarà così. Te lo prometto. 

Riposate in pace amici miei!        

           

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