giovedì 17 marzo 2022

L'Amaca

 

Peggio il conflitto o la pandemia?
di Michele Serra
Il Covid è meglio della guerra?
Per molti versi lo è, nonostante i suoi sedici milioni di vittime (fino a qui). La pandemia ci ha costretto a ragionare in termini globali, ci ha insegnato che il mondo è uno solo, e gli uomini una sola comunità ugualmente esposta e fragile. La guerra, al contrario, ci costringe a riscoprire la meschinità del nazionalismo, l’odio tra i popoli, l’angustia miserabile dei confini.
Ci tocca fare, anzi rifare i conti con tutto il ciarpame malato che nutre il fanatismo identitario, cristiani che brandiscono il crocifisso contro altri cristiani (tal quale la faida secolare tra sunniti e sciiti), mitologie medievali che escono dal sepolcro come Dracula e chiedono altro sangue, la Tradizione e la Patria che spingono ragazzi di vent’anni ad ammazzare e farsi ammazzare. Vado per i settant’anni, ma il nazionalismo, grazie a Putin, torna a farmi schifo come quando ne avevo sedici, leggevo Bakunin (russo) e sognavo un’umanità senza patria e senza bandiere.
In questo senso la guerra di Putin è una risposta, mezzo demente mezzo lucida, alla pandemia. È il rifiuto armato della lezione globale che la natura ci ha imposto. È il tentativo disperato di negare il primato della natura (che è il primato della realtà) per restituire all’uomo l’illusione di essere il padrone incontrastato del pianeta e del suo destino.
Dicono che Putin abbia vissuto malissimo i due anni di clausura da Covid. Piuttosto che condividere con gli altri la sua paura di morire, l’ha impugnata come un’arma, tentando la più disperata delle sortite. Putin è geloso del Covid. Non sopporta che il Covid sia molto più forte di lui.

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