Farmacisti: l’ultima lobby che ostacola le cure in pandemia
DI PETER GOMEZ
Mercoledì 12 gennaio la Commissione Affari costituzionali del Senato ha dimostrato agli elettori che una volta toccato il fondo ci si può sempre mettere a scavare. Così con 13 voti contrari e 11 favorevoli sono stati respinti due diversi emendamenti al decreto Milleproroghe, presentati da M5S e LeU, per permettere anche alle 4.000 parafarmacie italiane di eseguire tamponi molecolari e antigenici. Il tutto per la gioia (si fa per dire) di milioni di cittadini costretti in questi giorni a stare in fila al freddo per ore davanti alle farmacie aspettando il test.
Se gli emendamenti fossero passati, nel giro di poco tempo le attese si sarebbero ridotte di molto visto che, secondo le stime, le parafarmacie sono in grado di coprire il 20% della capacità diagnostica nazionale.
Il governo aveva dato parere favorevole al primo dei due emendamenti, la cui bontà era stata sostenuta in aula dal relatore del Milleproroghe, Nazario Pagano, di Forza Italia. Tutto il centrodestra ha però votato no e ha avuto la meglio grazie all’appoggio di Italia Viva. Il forzista Pagano si è invece sdoppiato: prima si è dimostrato d’accordo con la proposta del M5S sponsorizzata dall’esecutivo e poi ha voltato le spalle a quella analoga di LeU. Di fatto si è ripetuta una scena penosa già vista altre quattro volte in Parlamento dove sempre, quando qualcuno ha chiesto di far fare gli esami Covid anche in parafarmacia, la norma è stata respinta.
Secondo molti osservatori la contrarietà del centrodestra e di Italia Viva è dovuta alla presenza nelle file del partito di Berlusconi di Andrea Mandelli, presidente dell’Ordine dei farmacisti (molti di loro stanno facendo profitti da record) e vicepresidente della Camera. Alle accuse di lobbismo giocato sulla pelle e i portafogli dei cittadini, il relatore forzista del Milleproroghe Pagano ha risposto sdegnato: “Giuro di non aver subito pressioni da Mandelli. Ma credo che siano legittime tutte le opinioni, comprese quelle di chi, come Mandelli, ritiene che le parafarmacie non debbano essere chiamate a svolgere un ruolo non consono alla loro natura di attività commerciali”.
Comunque stiano le cose, il risultato del voto è francamente disgustoso. Chi nega di aver subito pressioni o di aver voluto fare un favore a una categoria particolarmente ben organizzata e quindi in grado, al momento opportuno, di spostare pacchetti di voti, sostiene, tra l’altro, che le parafarmacie vadano escluse perché non fanno parte del Sistema sanitario nazionale. Detto in altre parole, secondo chi si oppone, una volta eseguiti i test sarebbe possibile comunicarne l’esito alle aziende sanitarie. Lo afferma anche la senatrice di Italia Viva, Annamaria Parente, secondo la quale, solo pochi negozi “sono nelle piattaforme che gestiscono le tessere sanitarie” e per questo sarebbe necessario “creare una piattaforma parallela su dati sensibili”.
“Fatti chiari” si è allora informato. E ha capito che le obiezioni sollevate sono o infondate o risibili. Ovunque nelle parafarmacie i farmaci da banco si acquistano presentando il codice fiscale e le medicine vengono tracciate. Gli eventuali aggiornamenti software necessari sono molto semplici e proprio per questo il governo era favorevole all’emendamento. La verità è insomma un’altra. Ed è la solita: pure davanti alla pandemia, tra i parlamentari non scompare il vizio di fare i liberisti solo con il fondo schiena degli altri. Anche perché loro i tamponi li fanno gratis, al caldo e senza fila, in un centro medico convenzionato.
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