L’erba convoglio
di Marco Travaglio
Proseguono titanici gli sforzi della classe politica per riavvicinarsi al “paese reale” e recuperare il 60 per cento di astenuti, soprattutto giovani. Grande entusiasmo sta riscuotendo la candidatura al Quirinale di un vecchio pregiudicato puttaniere e finanziatore della mafia che, non avendo udienze alle viste, si dice in gran forma anche se è totalmente sordo e dice che è colpa degli aerei anche prima di prenderli. Delirio nelle periferie, con assembramenti, rave party e transenne, per gli ultimi sviluppi del dibattito interno al Pd, magistralmente sintetizzati dal titolo di Repubblica “Lo strappo con Iv agita il Pd. Base riformista: ‘Avanti col campo largo’. La frenata del Nazareno: ‘Sì al Nuovo Ulivo anche senza Renzi’”, che suscita vivaci dibattiti anche nei reparti psichiatrici. Lunedì il pubblico femminile ha adorato l’Innominabile che spiegava a Report i suoi tour birichini nel Nuovo Rinascimento saudita: “Lì adesso le donne possono guidare”, sempreché abbiano ancora le mani e non siano state arrestate, torturate con scosse elettriche, frustate e violentate.
Molto apprezzati, specie nei reparti geriatrici, gli spingitori di candidati al Quirinale in via provvisoria, a tempo, per tenere in caldo la poltrona all’unico italiano su 60 milioni degno di sedervi: Draghi, e chi sennò? Chi preme su Mattarella e chi – come il Foglio – lancia “la soluzione ponte” di Giuliano Amato (candidato fisso al Colle fin dagli anni 80 del secolo scorso), che “spunta, ma per 2 anni”. Non sia mai che gli passi qualche grillo per la testa, tipo restare 7 anni come prescrive la Costituzione. La Presidenza della Repubblica, da massima istituzione dello Stato, viene degradata ad albergo a ore e il capo dello Stato a surrogato dello scaldino o della borsa dell’acqua calda per le terga di chi sappiamo. Prospettive radiose che già inducono la gran parte dei 30 milioni di astensionisti a pentirsi e a scaldare i motori per le prossime elezioni. Ma la spinta decisiva alla riconciliazione fra Palazzo e Popolo verrà dal nuovo libro di Vespa, di cui giornali e agenzie hanno iniziato a distillare le quotidiane anticipazioni. Tipo Giorgetti che riforma la Costituzione senza cambiarla con un simpatico golpetto: SuperMario subito al Quirinale e un suo prestanome a Palazzo Chigi, così “Draghi potrebbe guidare il convoglio anche da fuori” (il convoglio sarebbe l’Italia) e “badare all’economia”. E con quali poteri? “Sarebbe un semipresidenzialismo de facto: il presidente della Repubblica allarga le sue funzioni approfittando di una politica debole”. Una delizia. Ah, il libro s’intitola Perché Mussolini rovinò l’Italia (e perché Draghi la sta risanando): la proposta Giorgetti rientra nella prima parte, fuori parentesi.
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