Tutto come previsto: sì di Sala a San Siro (ma solo dopo il suq)
DI GIANNI BARBACETTO
Come avevamo scritto in questa colonna già il 22 ottobre, il sindaco Sala ha deciso di dire sì all’operazione San Siro e questa sarà la sua prima mossa di rilievo dopo la riconferma a Palazzo Marino (“Trionfo” al primo turno, hanno scritto i giornali, in realtà risultato del voto di un solo milanese su quattro). Avevamo visto giusto. In politica le decisioni divisive e potenzialmente impopolari si devono prendere lontano dalle nuove elezioni e magari sfruttando l’effetto “luna di miele” dei primi cento giorni. Sala aveva già deciso, naturalmente, prima delle elezioni in cui è stato rieletto, e Milan e Inter lo sapevano. Ora c’è da fare un po’ di scena, un teatro per gli allocchi, una trattativa per i gonzi. In verità, un mercato dei tappeti: Milan e Inter hanno chiesto mille per ottenere cento. Sala lo sa, e si presta al suq. Da mesi il venditore del tappeto “cemento a San Siro” (Paolo Scaroni, presidente del Milan) e il compratore (il sindaco Sala) stanno facendo finta di trattare, di alzare le richieste, di abbassare il prezzo, di rilanciare, di allontanarsi con sdegno, di offrire un te alla menta, di riproporre l’offerta e così via. In un suq di Marrakech non saprebbero fare di meglio. Entrambi sapevano fin dall’inizio di questa pantomima che prima o poi ci sarebbe stato un punto di caduta, che il Meazza sarà abbattuto, che i permessi per il nuovo stadio saranno concessi, che – soprattutto – saranno costruiti nuovi edifici per oltre 150 mila metri quadrati di superficie lorda. Ed entrambi sanno fin dall’inizio che lo stadio è una scusa: potrebbe essere rinnovato, con minor spesa, il Meazza. Ma costruire il nuovo stadio – per cui non è stato neppure ancora scelto il progetto! – è l’innesco necessario per poterci costruire attorno 77 mila mq di spazi commerciali, 47 mila di uffici, 12 mila di alberghi, 9 mila di intrattenimento, 4 mila di centro congressi, oltre a 2,7 mila di museo dello sport e 1,3 mila di attività sportive. Il calcio non c’entra nulla: lo stadio a Milano già c’è, è la “Scala del calcio”. Ma abbatterlo serve per dare il via a una gigantesca operazione immobiliare, un affare da 1,2 miliardi di euro, che ridarà fiato ai traballanti bilanci di Milan e Inter, club di calcio che si trasformeranno in sviluppatori immobiliari.
Ora l’ultima parte del suq sarà in pubblico, la (falsa) trattativa avverrà sotto gli occhi attenti dei giornali compiacenti che scriveranno: oh com’è bravo il sindaco, che buon prezzo è riuscito a strappare per il “tappeto San Siro”! Un affarone! Possiamo già prevedere tappe e temi del mercato dei tappeti. E i comunicati finali di gioia e trionfo. Diranno: abbiamo salvato il Meazza! Perché resterà un triste moncherino, inutilizzabile per il calcio, utile solo per conservare la memoria come rovina, relitto, rottame; e per farci qualche shop turistico ed ennesimo localino milanese. Diranno: abbiamo ridotto la cementificazione! Perché, certo, partendo da un indice di edificabilità dello 0,70, poi sceso a 0,51, ci si fermerà a un indice forse un po’ più basso, ma vedremo se pari a quello che il Piano di governo del territorio (Pgt) di Milano impone ai comuni mortali (0,35). Diranno: ci sarà più verde per il quartiere! Ma continuerà il consumo di suolo di cui la Milano di Sala è primatista. E dal cantiere usciranno 1,8 milioni di metri cubi di materiale da scavo, con 153.312 viaggi di camion, 188.060 metri cubi di materiali da demolizione, con altri 18.806 viaggi, 658.250 metri cubi di materiale per le nuove costruzioni, con ulteriori 65.826 viaggi: sarà la sagra degli inquinanti, del Pm10, delle polveri sottili. Molto green! Diranno (e questo è il coniglio che uscirà dal cappello di Sala il mago): i due club offriranno risorse per risanare le case popolari di San Siro! Così dovremo anche dire a Scaroni, con la voce di Giandomenico Fracchia: “Grazie, com’è umano lei!”.
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