L’amaca
Un vecchio incubo
di Michele Serra
Accecato dalla vanità, forse Berlusconi crede veramente di poter diventare presidente (dunque garante, padre, denominatore comune) di un paese che proprio lui, divisivo come nessun altro tranne Mussolini, spaccò in due metà inconciliabili, perché alla contrapposizione ideologica aggiunse una specie di frattura antropologica. Vivere come Berlusconi, essere Berlusconi per mezza Italia è stato un sogno, per l’altra mezza — alla quale appartengo — un autentico incubo. Tutto quello che ci ripugna, in termini di vita, gusti, ambizioni, estetica, etica, era da lui superbamente interpretato.
I suoi giovani alleati, amici di Le Pen, di Orbán, di Vox, della peggiore destra europea, lo lusingano, lo fanno sentire un padre nobile, ma lo usano come una foglia di fico. Senza di lui, primo sdoganatore del neofascismo e inventore del populismo, Salvini e Meloni neppure esisterebbero. Ora cercano di usare, un po’ per opportunismo un po’ perché non hanno altri nomi da spendere, il Berlusconi "liberale" della sua estrema stagione politica, una specie di travestimento anagrafico (da vecchi, si sa, si diventa saggi) che non ha alcuna pezza d’appoggio nella storia del vecchio leader, che quando ebbe l’età per farlo fu anche più aggressivo, più disinvolto, più arrogante, più menefreghista, soprattutto infinitamente più ricco e potente di questi suoi figliastri avventurieri e improvvisatori: soprattutto il Salvini, perché Meloni, dalla sua, almeno ha un albero genealogico in proprio, che è il neofascismo.
Noi, dalla sponda opposta, si parteggia per i Brunetta, Toti, Gelmini, Carfagna, che vedono il loro capo in ostaggio di una destra di guerra e di malora, e lo dicono. Ma il vecchio tramontato è sensibile alle claque, non ai buoni consigli.
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