L’organizzazione della pazzia
di Michele Serra
C’è il fascista triestino che prende il Covid e sostiene che la colpa è degli idranti della polizia, che “un cattolico non può avere paura del Covid” e che i virus sono “una punizione divina per i froci”.
C’è la No Green Pass romana che schiaffeggia in metropolitana una giovane dottoressa perché il personale medico è nemico del popolo. C’è la candidata trumpista alla carica di governatrice del Nevada che nel suo spot elettorale, come grande prova di destrezza politica, spara alle bottiglie con un pistolone.
E ci sono decine di dichiarazioni strampalate, veementi, incomprensibili, struggenti nei tigì di questi giorni, vaniloqui che farebbero sorridere se non portassero in piazza migliaia di persone: nella massima parte, sia ben chiaro, brave persone.
Le categorie politiche non bastano a capire che cosa sta succedendo in quella porzione di mondo che chiamiamo Occidente. Il complottismo, Qanon, l’assalto al Campidoglio, gli elmi cornuti, la denuncia della Dittatura Sanitaria, la stessa apparizione dell’incredibile Trump sulla scena mondiale, consentono una lettura solo parzialmente politica. Tantomeno ideologica. Valgono meglio le categorie psichiatriche: e sia detto senza nessuna superficialità o irrisione, semmai con la massima considerazione della sofferenza e del disagio di chi le porta addosso.
Ma questa è la sostanziale novità dell’epoca: la pazzia come agente politico, come organizzatrice delle folle. Poiché sono i regimi autoritari che bollano e dannano la pazzia, alle democrazie spetta il compito (ben diverso) di cercare di capire come mai, in misura così evidente, la pazzia abbia preteso e ottenuto la sua rappresentanza politica.
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