Il bastone rovesciato
di Michele Serra
Chiede scusa, Luca Morisi, «per la debolezza e gli errori». Si congeda confessando «fragilità esistenziale» e affidandosi «a chi gli vuole bene». È sempre vile accanirsi su chi cade, o su chi sbaglia, e per giunta chi scrive questo articolo è antiproibizionista da quando Morisi e il suo capo, Matteo Salvini, andavano alle scuole elementari. Dunque per me è facile augurargli una veloce estinzione delle sue grane legali, perché chi si droga è un debole o un malato, non un delinquente; e un buon recupero della sua serenità umana, augurio sincero anche se sicuramente non sono tra quelli che gli vogliono bene.
Ma è impossibile non vedere (e siamo sicuri che, ammaestrato dalla sua caduta, lo vede bene anche lui) che Luca Morisi oggi ha bisogno esattamente delle cose che non ha mai concesso agli altri, confermando che "non fare agli altri ciò che non vorresti fosse fatto a te" è, da sempre, il più violato dei princìpi morali. Lo staff mediatico del quale è stato l’artefice, la Bestia (che nome gentile!), ha praticato la sistematica bastonatura di chiunque dispiacesse a Salvini. Branco di soli maschi, una dozzina, e già questo è un programma, la Bestia ha azzannato senza tregua anche persone deboli, molto più deboli del suo padrone, che era potentissimo: leader e ministro.
La Bestia è stata, e speriamo che di qui in poi non lo sia mai più, uno dei fenomeni più sgradevoli e violenti dello scenario politico-mediatico italiano. Zero dubbi, zero indugi, via spediti verso la liquidazione del nemico e l’esaltazione del capo. Insulti e sghignazzi per "voi", esaltazione e cameratismo per "noi", un sistema binario efficacissimo in quel mondo emotivo e poco dialettico che quelli come Morisi governano con il cinismo di quei manager per i quali conta solo l’obiettivo, crepi tutto il resto. Crepino dunque anche il dubbio, la sospensione del giudizio, il fair play verso l’avversario che crolla, crepi la pietà, che tra quei maschioni di potere, per anni in trionfale ascesa, è la virtù delle mezze cartucce.
Se un nemico del Salvini fosse incappato in una storia identica a quella che oggi ha atterrato Morisi, la Bestia lo avrebbe sbranato. Luca Morisi questo lo sa benissimo, e noi speriamo che sia esattamente per questa ragione che lui e i suoi amici riescano a ripensare, ma seriamente, a tutto quello che hanno detto, fatto e scritto negli ultimi anni. Dev’essere davvero angoscioso appellarsi alla propria debolezza dopo avere trattato la debolezza degli altri (prima tra tutte quella dei migranti) con insofferenza, disprezzo, odio.
Era difficile immaginare, per un luogotenente di Salvini, l’uomo che citofonava ai poveri cristi, spacciatori presunti, per sputtanarli in favore di telecamera, una nemesi più implacabile e più spietata.
La prima mossa del Salvini è stata giusta, umanamente e politicamente giusta: ha detto che all’amico che sbaglia si deve garantire comunque amicizia, e non voltargli le spalle. Del tutto improbabile la seconda mossa, quella che cambierebbe, se non il mondo, almeno le modalità di comunicazione del sedicente Capitano: cambiare linguaggio e cambiare pensiero, rivolgersi con umanità e rispetto anche a chi non appartiene alla propria piccola cerchia. Oggi, fortunatamente, è una cerchia perdente, circostanza che — Morisi lo sa sicuramente, Salvini chissà — favorisce la riflessione, la maturazione, il cambiamento.
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