giovedì 5 agosto 2021

L'Amaca

 

La perdita della solitudine
di Michele Serra
Il tecnico del volley azzurro, Mazzanti, non è così sprovveduto da pensare che l’intensa vita social delle sue ragazze sia la prima causa della bruciante sconfitta olimpica. Ma sa — e lo ha detto — che quando serve concentrazione, quando bisogna cercare se stessi, trovare forza e serenità, serve silenzio. Serve cliccare su off.
Specie se sui social, in quel momento, si è esposti a ciance velenose.
Mazzanti non è il solo, in questa Olimpiade, ad avere puntato il dito contro la capillare e soverchiante presenza dei social nella vita quotidiana degli atleti. Anche parecchi di loro, a cominciare dalla ginnasta americana Simone Biles, insolentita e calunniata da legioni di perfetti idioti per avere dato forfait in qualche gara, hanno cliccato su off, si sono tirati indietro, hanno scelto l’evidenza della propria identità, della propria vita materiale, del proprio corpo come solo attore utile, chiudendo porte e finestre al vento futile e cattivo della diceria globale, la cui dimensione planetaria non muta la natura originaria, antica come l’uomo, della maldicenza di vicolo o di villaggio: parlare male di qualcuno nell’illusione di riscattare la propria mediocrità.
La perdita della solitudine, nonché della dimensione privata degli affetti e delle esperienze, è una delle più gravi decurtazioni che la chiassosa massificazione operata dai social ha prodotto nella vita delle persone.
Una morbosa dipendenza dalla folla. Anni fa un vecchio amico venne mio ospite.
Facemmo una foto insieme. Gli chiesi di non postarla sui social. Lo fece lo stesso. Non pensai che fosse scortese (anche se lo fu).
Pensai che fosse malato.

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