Le strade che portano al Duce
di Michele Serra
"Il razzismo ha da essere cibo di tutti e per tutti, se veramente vogliamo che in Italia sia viva la coscienza della razza.
Altrimenti finiremo per fare il gioco dei meticci e degli ebrei.
Non c’è che un attestato col quale si possa imporre l’altolà al meticciato e all’ebraismo: l’attestato del sangue".
Quando scrisse queste parole sulla Difesa della razza , nel 1942, Giorgio Almirante aveva quasi trent’anni. Non era un ragazzino inconsapevole travolto dal fanatismo, ma un funzionario del fascismo. Tale rimase aderendo alla Repubblica Sociale, poi fondando il Msi e guidandolo per tutta la vita. Bene ospitato, lui e tanti altri camerati, nel Parlamento di una democrazia che, se avessero vinto loro, non sarebbe mai nata.
Il Comune di Alessandria, giunta di centrodestra (compresi i "liberali" di Forza Italia), ha deciso di dedicargli una strada. Il promotore dell’idea, il consigliere Locci, spiega che «con questa intitolazione si riconosce il diritto alla memoria di una comunità politica che dal 1948 è stata il riferimento di milioni e milioni di italiani».
È una spiegazione corretta di che cosa significhi intitolare una strada ad Almirante: significa intitolarla al fascismo e alle sue lunghe propaggini neofasciste, che per diverse generazioni, anche sotto democrazia, hanno dato voce agli italiani (non pochi) che inneggiano al Duce.
Alle tante giunte comunali di destra che, in tutta Italia, pretendono che la toponomastica onori Almirante, manca dunque un piccolo salto: di qualità, di coerenza, di coraggio. Chiedano di intitolare piazze e strade direttamente a Benito Mussolini, tanto per chiarire non a noi, che non ne abbiamo bisogno, ma a loro stessi, quale intenzione li anima.
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