I Cesari, i Papi e i Michetti
di Michele Serra
Si segue con una certa simpatia l’avventura del candidato Michetti (in quota Meloni), che nella corsa al Campidoglio ha esordito dicendo che Roma è "caput mundi e città eterna, la città dei Cesari e dei grandi Papi". Che è un po’ come dire "Parigi è sempre Parigi", o chiamare New York "la Grande Mela": sbagliare non si sbaglia. Il rischio, magari, è dire qualcosa di già sentito qualche miliardo di volte.
Michetti viene, come si dice ormai da un paio di generazioni, dalla società civile, che per ragioni mai accertate è considerata qualche spanna al di sopra alla classe politica. Esperimenti di laboratorio (un intero partito, i Cinquestelle, formato dalla testa ai piedi da persone esterne alla politica) non hanno confermato la validità dell’ipotesi, eppure la ricerca di "personalità esterne alla politica" per fargli fare la politica continua imperterrita.
A questo punto, visto che dal cilindro della società civile viene estratto un signore che, per impressionare le folle, dice che Roma è "la città dei Cesari e dei Papi", ci si domanda se, da parte dei politici, non ci sia del dolo. Ci sono cariche pubbliche così irte di insidie, così faticose, e così poco gratificanti, che i professionisti del Palazzo fanno finta di volersene privare per il bene della Nazione: in realtà, è perché preferiscono defilarsi a qualunque costo. Il sindaco di Roma è uno di questi lavoracci, non c’è ratto nel cassonetto, non c’è buca nell’asfalto, non c’è autobus carbonizzato che non volteggi, nelle notti di tempesta, sopra il Campidoglio, come un fantasma vendicativo. I Cesari e i Papi probabilmente la risolvevano con le spicce, ai primi bastava che fosse in buono stato il fondo della corsa delle bighe, ai secondi benedire la folla. Per Michetti sarà più dura.
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