Fedez ha messo il dito nella piaga di Salvini & C.
di Tomaso Montanari
Quando, in Italia, un bambino dice che il re è nudo, il sistema mette sotto processo il bambino. Così oggi tocca ricordare che il punto non è cosa dobbiamo pensare di Fedez, bensì cosa gli italiani hanno imparato sull’Italia grazie al suo monologo del Primo Maggio. Intanto, hanno appreso che, sì, abbiamo un grosso problema di odio contro gli omosessuali. E che una legge, attesa da 24 anni, potrebbe finalmente mettere un argine a questo odio, e alla scia di violenza che produce. Poi hanno scoperto qualcosa di veramente indicibile. E cioè che un partito al governo del Paese – la Lega di Matteo Salvini – ha un’anima violenta: la stessa anima dei partiti dell’estrema destra in Europa, quella che tiene in ostaggio l’Ungheria. Un’anima venata di fascismo.
Ed è stato veramente grottesco il coro di consensi a Fedez salito dagli esponenti del Pd. Che non si sono chiesti: come è possibile governare con un partito che non espelle un suo eletto che dice “se avessi un figlio gay, lo brucerei nel forno”? Neppure il presidente della Repubblica Sergio Mattarella e il presidente del Consiglio Mario Draghi si sono fatti questa domanda. Oppure si sono risposti con quello straordinario cinismo che solo lo sguardo di un bambino riesce a demolire. Perché ad apparire nuda, e repellente, è proprio la ragion di Stato che, pur di blindare il sistema, coopta anche le forze che andrebbero invece isolate, e combattute. Senza forse volerlo, Fedez ha messo il dito proprio in questa macroscopica piaga: se il governo Draghi aveva offerto alla Lega una legittimazione democratica, l’antologia di mostruosità pronunciate dai leghisti e letta in tv dal rapper, gliel’ha tolta di nuovo.
Poi hanno imparato che se gli artisti di successo usassero anche solo una minima parte del loro accesso ai media per dire quello che non si può dire, il discorso pubblico e l’ethos di questo Paese sarebbero diversi. Quando, raramente, succede (per esempio con Roberto Saviano) il potere ha paura, e reagisce scompostamente: intimando agli scrittori di pensare ai romanzi, ai cantanti di cantare. Ha scritto George Orwell: “La posizione secondo cui l’arte non dovrebbe aver niente a che fare con la politica è già una posizione politica”. In altre parole, chi proclama la neutralità dell’arte, lo fa perché vorrebbe ridurre l’arte al silenzio. Ne sono profondamente convinto: nel disprezzo della classe politica verso il teatro, nella pervicacia con cui il patrimonio culturale viene ridotto a un’arma di rincoglionimento di massa (vedi arena del Colosseo), si può leggere l’animalesca diffidenza verso qualunque elevazione culturale permetta ai cittadini di articolare una critica del potere. E, sì, nei testi di alcune canzoni di Fedez c’è più pensiero critico che in tutta la politica “culturale” di Dario Franceschini.
Ancora: hanno scoperto che (anche) sulla Rai il Movimento 5 Stelle ha fallito (come ha riconosciuto con onestà Roberto Fico), e il carrozzone della tv pubblica è sempre saldamente in mano alla censura politica. La vicedirettrice di Rai3, ex portavoce di Veltroni, che prova invano a censurare un Fedez che intende dire né più né meno quello che dice l’articolo 3 della Costituzione, è un ritratto atroce della sinistra di destra che ha sfigurato la tv pubblica. La Rai rappresenta oggi un enorme atto di fede nel potere rivoluzionario della “parola contro”: lo si capisce dall’impegno che profonde per stroncarla.
Tutto questo vuol dire che Fedez sia di sinistra? Manco per niente, ovviamente. Si è limitato a esprimere posizioni (sulla tutela dell’orientamento sessuale, sulla lotta alla discriminazione e alla violenza, sulla libertà di espressione) tipiche del pensiero liberale, anche di destra. Il punto è che noi non abbiamo destre liberali: ne abbiamo di affaristiche, o di fascistoidi. E, naturalmente, nessuno può ritenere “di sinistra” un Fedez testimonial di Amazon. Ma anche questo è interessante: perché proprio la scissione tra diritti civili e diritti sociali dimostra che l’assenza della sinistra è oggi soprattutto culturale. Per la stragrande maggioranza dei ragazzi occidentali è addirittura ovvio accettare e adottare qualunque identità dell’universo Lgbt+, mentre è stranissimo esprimere una critica radicale, per non dire un rigetto, nei confronti di una “economia che uccide” (Bergoglio). Mentre comprendiamo (finalmente!) la necessità di tutelare e valorizzare le differenze, non riusciamo a vedere l’altra faccia della medaglia: combattere le diseguaglianze. Se ci fermiamo alla prima parte, la liberazione si ferma nel privato, nell’esperienza individuale: mentre nella vita pubblica e nei rapporti economici e sociali rimaniamo schiavi. Tra le nudità scoperte da Fedez, senza saperlo e senza volerlo, c’è anche quella di un Paese senza Sinistra.
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