Il senso della vita? Cambiare utenza
di Michele Serra
L’ottima inchiesta (D’Alessandro-Livini) sul telemarketing mi conferma in una vera e propria idea fissa.
Questa: il sistema degli appalti e subappalti è uno dei più diabolici crimini (mi si consenta l’iperbole) del neocapitalismo. Lo scopo primario è tagliare i costi interni, perché le nozze con i fichi secchi sono la via maestra; l’effetto secondario, forse ancora più vantaggioso, è cancellare l’identità “fisica” dell’azienda, dunque la sua responsabilità diretta. Le cosiddette corporation non hanno corpo, oppure ne hanno uno infinitamente più esile rispetto al marchio che campeggia, solenne, nel cielo dell’Immagine e nei listini di Borsa.
Tu credi di parlare con Wind, o con Telecom, o con Enel (tre nomi a caso, niente di personale, anche perché “persona” è un concetto che sta svanendo), nella realtà delle cose ti stanno chiamando da un ufficetto di Taranto (vedi inchiesta) o Bucarest, o Belfast, dove gente mal pagata viene sguinzagliata alla caccia di clienti mal protetti. Ho regolari contratti di luce, gas, acqua, telefono, internet, ma vengo continuamente informato – spesso a nome delle stesse aziende alle quali già pago le bollette – che si può fare diverso, e di meglio, e di più. Come se il senso della vita fosse cambiare utenza un paio di volte al mese.
Il meccanismo, geniale per le aziende, micidiale per i cittadini, è che questo “lavoro sporco” è fatto in esterno. Non è l’azienda in prima persona, con una faccia e un nome, che fa il lavoro sporco e irrompe nel tuo telefono (inutilmente protetto da migliaia di firme pro-privacy). È una fanteria dispersa e anonima, appostata nel fango mentre i boss, lontanissimi, allietano gli azionisti con discorsetti virtuosi.
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