Sulla "Corriera della Sera" (per lui) gli si continua a dar spazio, probabilmente per dar mangime ai lacaniani. Questa è l'intervista di oggi al Bullo Insalubre. Da leggersi con a fianco tisane di passiflora.
ROMA Senatore Renzi, lei ora è pronto al confronto. Che è cambiato?
«Niente, questo l’ho sempre detto. Da mesi chiediamo un salto di qualità nell’azione del governo. Serve un sogno per l’Italia, non l’incubo del litigio quotidiano. Serve un progetto, una visione, una strategia. La chiediamo da mesi: se finalmente gli altri ci sono, ci trovano preparati. Basta polemiche, parliamo di sanità, di giovani, di futuro. Torniamo alla politica».
Si è pentito di aver rotto con il governo?
«Sta scherzando, spero. Noi non abbiamo rotto: abbiamo chiesto risposte su scuole, vaccini, infrastrutture, lavoro. Non le abbiamo avute. Abbiamo parlato in Parlamento, organizzato tavoli di maggioranza, fatto interventi ovunque. Tutte le volte che aprivo bocca mi dicevano: “Ecco l’uomo dei penultimatum”, chiede e non ottiene, parla solo per cercare visibilità personale. Alla fine — con molto dolore — le ministre Bellanova e Bonetti e il sottosegretario Scalfarotto, tre persone straordinarie che fanno politica per servizio e non per interesse, si sono dimesse. Non hanno rotto con Conte: hanno riaffermato la bellezza e la dignità della politica. Un fatto enorme: era da 31 anni che un gruppo di ministri non si dimetteva per una ragione ideale: sto parlando dei ministri della sinistra Dc. Ci vuole coraggio per fare una scelta del genere. Mi piacerebbe che venisse riconosciuto anche da chi non condivide, anche per bloccare l’odio che stiamo ricevendo sui social».
Il Pd considera chiusa l’esperienza con Iv.
«Se qualcuno nel Pd preferisce Mastella alla Bellanova o Di Battista a Rosato ce lo farà sapere. Noi vogliamo che si formi un governo di coalizione con un ruolo fondamentale per il Pd e per i suoi esponenti. Il Pd sa che senza Italia viva non ci sono i numeri. Forse non sarà più amore, ma almeno è matematica. Se Zingaretti insiste a dire no a Italia viva, finisce col dare il Paese a Salvini. È questo ciò che vuole? Conosco le donne e gli uomini del Pd. Dai gruppi parlamentari alle cucine delle case del popolo nessuno vuole regalare il Quirinale ai sovranisti».
Se Conte ottenesse 161 voti, per lei sarebbe una sconfitta.
«Sarebbe un atto di chiarezza. E riconoscerei il successo parlamentare per il premier. Al momento da Palazzo Chigi sono molto attivi sui social dove — lo riconosco — sono degli autentici fuoriclasse, anche usando uno stile che mi fa rabbrividire e inquietare. Le aule parlamentari tuttavia sono fatte di deputati e senatori, non di followers. E raggiungere il quorum della maggioranza assoluta mi sembra difficile. Se in Senato Conte avrà 161 voti, rispetteremo il risultato. E da senatore continuerò a sostenere l’Italia sulle cose che condivido e votare contro le cose che non condivido».
Se anche non avesse i 161 voti, comunque Mattarella non avrebbe obiezioni.
«Ciò che decide di fare il presidente non si commenta. E ho molto rispetto per qualunque decisione verrà presa dal premier. Il presidente della Repubblica è l’arbitro in campo, noi giocatori dobbiamo rispettarne le decisioni senza troppe parole inutili».
Voi vi asterrete?
«Decideremo alla riunione di gruppo ma credo che sia la scelta più saggia».
Non teme che alcuni parlamentari possano lasciarla? Ieri un deputato è tornato nel Pd.
«Ogni giorno leggo di fughe da Italia viva raccontate dai media con la drammaticità di un esodo biblico. La realtà è che da quando siamo partiti abbiamo registrato quarantanove arrivi e due partenze. Numeri straordinari direi.
E soprattutto numeri distanti dalla narrazione di un partito in crisi. Uno ci ha lasciati, altri sono in arrivo. E soprattutto il gruppo al Senato — decisivo per questa battaglia — è super compatto. Abbiamo diciotto senatori e il loro voto martedì sarà decisivo».
Che rimprovera a Conte?
«Non voglio personalizzare. Io so che molti mi odiano. E so anche che aver radicalizzato su di me è servito agli spin doctor di Chigi per guadagnare consenso sui social. Ma la democrazia non è Facebook. Stiamo parlando di politica, non di propaganda. Mai come in questo momento un governo può fare la differenza. Abbiamo la presidenza del G20, della Cop26, una situazione delicata nel Mediterraneo. E in settimana finirà la presidenza americana più populista della storia. Con Joe Biden alla Casa Bianca il mondo è un posto più sicuro e più accogliente per chi crede nel multilateralismo. Vogliamo che l’Italia sia protagonista. Si parli di questo, senza personalizzare su Conte-Renzi.
Se Conte si dimette, cosa chiederà Italia viva a Mattarella?
«C’è una bellissima frase di Paolo VI che un sacerdote amico mi ripete spesso. Dice che il nostro compito deve essere “Fare presto, fare bene, fare tutto, fare lietamente”. Se Conte si dimetterà noi chiederemo alle consultazioni di fare presto, perché non possiamo perdere nemmeno un giorno. Di fare tutto, perché ci vuole un programma da qui al 2023. Di fare bene, perché serve qualità al governo. Il fare lietamente forse non è la priorità in questo momento, ma sul resto direi che ci siamo».
Il ministro Gualtieri ha detto che la scelta di Iv è costata otto milioni di euro per l’aumento dello spread.
«Se facciamo presto non ci sarà nessun problema. E comunque abbiamo la Bce che vigila su di noi. Quanto ai soldi vorrei ricordare che la mancata attivazione del Mes ci è costata da giugno ad oggi qualcosa come 564 milioni. Ecco, se vogliamo fermarci alla matematica abbiamo molte ragioni da rivendicare. Suggerisco dunque a Gualtieri e agli altri di riprendere la via maestra della politica. Questo Paese ha bisogno di una visione. Tutto il resto è chiacchiericcio e non c’è tempo da perdere».
Nessun commento:
Posta un commento