“Bellezza” è l’essere umano: sconfitto, ma sempre in piedi
Riprendiamoci il senso dell’arte
di Tomaso Montanari
Proposito di inizio anno: riprendersi la bellezza. La parola “bellezza”, intendo: sfigurata da un potere che la usa per costruire consenso, ingannare, vendere, vendersi attraverso marketing e storytelling. Ma, in concreto, come si fa? “Il bello è un quadro tale che lo si possa mettere nella cella di un condannato all’isolamento perpetuo senza che ciò sia un’atrocità, anzi il contrario”. Mai come durante il confinamento da pandemia abbiamo potuto comprendere la saggezza di questa definizione che dobbiamo a Simone Weil. E se mi chiedo quale quadro vorrei nella mia stanza pensando di non poterne mai più uscire, non ho dubbi: la Madonna Sistina di Raffaello. Per la sua vertiginosa altezza artistica, certo. Ma anche per ciò che ha saputo suscitare.Le grandi opere d’arte provocano lungo i secoli una vivace risposta scritta: e l’insieme di quei testi modifica per sempre la percezione delle opere stesse. In una gara infinita e collettiva il cui premio è riuscire a spiegare, almeno un po’, cosa sia per noi la bellezza.
Così oggi io non saprei più guardare alla Madonna Sistina senza le parole altissime, ultime, di Vasilij Grossman. Lo scrittore vide il quadro “la fredda mattina del 30 maggio 1955”, insieme alle migliaia di persone che a Mosca lo salutavano nell’esposizione pubblica che precedeva la sua restituzione alla Germania dell’Est. Da un secolo, la Madonna Sistina era entrata nell’immaginario russo attraverso i commenti sperticati di alcuni dei più grandi scrittori di quel grande Paese, da Tolstoj e Dostoevskij. Ma lo sguardo di Grossman andò oltre.
Ascoltiamolo: “Mi è finalmente chiaro che di tutte le opere capaci di colpire il mio cuore e la mia mente – opere create dal pennello, dal cesello o dalla penna – solo questo quadro di Raffaello non morirà fino a che l’uomo avrà vita. Anzi, se anche l’uomo dovesse estinguersi, gli esseri che prenderanno il suo posto sulla terra – lupi, ratti, orsi o rondini che siano – verranno, sulle loro zampe o con le loro ali, ad ammirare la Madonna di Raffaello… (…) Perché il volto della madre non tradisce paura, e perché le sue dita non stringono il corpo del suo bambino con una forza che nemmeno la morte riuscirebbe a sconfiggere? Perché non fa nulla per sottrarre il figlio al suo destino? (…) La nostra epoca guarda la Madonna Sistina e intuisce il proprio destino. Ogni epoca fissa lo sguardo su questa donna con il bambino in braccio, e fra esseri umani di generazioni popoli, razze e secoli diversi si instaura un senso di fratellanza, dolce, commovente e doloroso insieme. L’uomo prende coscienza di sé e della propria croce, e comprende di colpo il legame prodigioso fra le epoche, il legame di quanto è vivo oggi con ciò che vivo lo è stato e non lo è più, e con ciò che invece ancora deve esserlo. (…) Il ricordo di Treblinka era riaffiorato nel mio cuore senza che me ne rendessi conto… Era lei a calpestare scalza, leggera, la terra tremante di Treblinka, lei a percorrere il tragitto da dove il convoglio veniva scaricato fino alla camera a gas. La riconosco dall’espressione che ha sul viso, negli occhi. Guardo suo figlio, e riconosco anche lui dall’espressione adulta, strana. Così dovevano essere madri e figli quando scorgevano le pareti bianche delle camere a gas di Treblinka, sullo sfondo verde scuro dei pini. Così era la loro anima. […] La forza della vita, la forza dell’umano nell’uomo è enorme, e nemmeno la forma più potente e perfetta di violenza può soggiogarla. Può solamente ucciderla. Per questo i volti della madre e del bambino sono così sereni, sono invincibili. In un’epoca di ferro la vita, se anche muore, non è comunque sconfitta. (…) E accompagnando con lo sguardo la Madonna Sistina, continuiamo a credere che vita e libertà siano una cosa sola, e che non ci sia nulla di più sublime dell’umano nell’uomo. Che vivrà in eterno, e vincerà”.
Eccoci dunque alla mèta: l’incarnazione di questa parola perduta, “bellezza”.
Che qui è intesa nell’unico modo per me possibile: come suprema espressione dell’umano nell’uomo, della nostra comune umanità: sempre sconfitta, sempre risorgente.Bellezza. Non c’è forse parola che sia pronunciata, oggi, con più inconsapevolezza e superficialità: ma abbiamo bisogno di parlare di bellezza, per saperla riconoscere, coltivare, difendere. Ne abbiamo bisogno perché abbiamo bisogno di restare, di tornare, umani.
Grossman aveva attraversato il buco nero dei campi di sterminio nazisti, e contemplava la prossimità di una possibile catastrofe nucleare. Noi misuriamo i passi veloci che potrebbero separarci dalla fine della vita umana sul pianeta, assistiamo al tratto finale di un possibile suicidio di massa di un’umanità travolta dall’avidità della sua piccolissima parte che ha sequestrato per sé i beni comuni. In queste condizioni, il diritto alla bellezza è un diritto rivoluzionario: perché, permettendoci di rimanere umani, può permetterci di meritarci la salvezza. Forse, perfino di costruirla.
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