Dobbiamo essere molto contenti
di Michele Serra
Il livello di fair-play di Trump è inferiore allo zero, e se il mondo fosse un posto normale basterebbe questa sua incapacità di perdere a renderlo odioso, di quegli odiosi tendenti al ridicolo. (Da includere nel giudizio, ovviamente, anche i suoi pretoriani Rudolph Giuliani e Mike Pompeo). Ma il mondo non è un posto normale, e dunque è pieno di trumpiani – compresa la remota provincia dell’Impero chiamata Italia – disposti ad applaudirlo anche se diventasse terracubista, che è la terza via tra terrapiattismo e terratondismo.
Questo genere di cecità rovinosa, spesso omicida, spesso suicida, era un tempo classificata come fanatismo politico, e ricondotta a quel grande colpevole che è l’ideologia. Ma più che un colpevole l’ideologia doveva essere il classico capro espiatorio. Perché, dopo averla impiccata all’albero del pragmatismo, non si sono registrati speciali miglioramenti nel campo del raziocinio. E anzi. Si straparla tanto quanto prima, e non farlo più nel nome di un’Idea, ma di un cafone pieno di quattrini e di ignoranza, non sembrerebbe un gran passo in avanti.
Una perizia psichiatrica dell’umanità nel 2020, specie se surrogata dai like che incoronano le peggiori fandonie, e dai voti che gonfiano le vele di fior di mascalzoni, di ciarlatani, di bugiardi, di sopraffattori (Bolsonaro e Duterte, sapete, hanno vinto le loro elezioni), non avrebbe esito migliore di una analoga nel 1920, o nel 1820. E dunque: la ragione è un miracolo, la democrazia è un miracolo, la civiltà è un miracolo. Alla luce dei dati concreti dobbiamo essere molto contenti, questo voglio dire. E pieni di ottimismo.
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