La signora davanti nell’estenuante fila, non ci vado mai lì se non dietro ordine scritto di mamma, visto che per risparmiare lasciano una sola operatrice alla casse creando più coda di quando esce l’acqua firmata dalla moglie del rimatore infausto con ragnatela tatuata al gozzo a soli sei euro, quasi ringalluzzendo quella da uneuroemezzo che trovi negli empori asfaltati della UnitedColorOfDollaron, trascinava il carrello quasi svogliatamente e, strofinandosi al grande freddoloso bazar a cielo aperto dei prodotti surgelati, ogni tanto ne accalappiava una scatola, ora piselli, ora gelati, pizza, spaghetti quasi che la scomposta e vogliosa bramosia di acquisto non si fosse più arrestata dall’introibo in poi, continuando impercettibilmente ad emettere segnali captati dal proprio sonar shoppinghiano, mal tarato per giunta. Arrivata nei pressi della cassa estrasse un agglomerato di nefandezze dai colori sgargianti, tipo l’arancio degli evidenziatori, tale da provocare ansia glicemica negli astanti; svettava l’enorme barattolo della crema degli dei nocciolati, in evidente imbarazzo tra croccantini fosforescenti, sacchi di gommosi pericoli duodenali, barattoli di intrugli probabilmente usciti dall’estro della strega Amalia, e poi bevande gassate con un potenziale ruttologico da abbattimento Guiness, curiosissime sostanze incellofanate ad uso e consumo di argonauti. La speranza in cuore a tutti era riposta sulla professione della signora, una ricercatrice intrigata nello studio dei danni da assunzione di coloranti, che la stazza però ne afflosciava melanconicamente la possibilità.
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