domenica 5 aprile 2020

L'Isola Mento - giorno 23



Arrivato di bolina, ripulita la poppa, posato il mezzomarinaio, riavvolta la randa, mi accingo, dopo la solita pantagruelica navigata sul web in caccia di notizie su varie testate, ad ordinare idee, spunti e pensieri. 

Il primo nome che mi sgorga è quello di Luca Morisi, con il suo, chiamiamolo così, coraggio mediatico. Per chi non lo conoscesse il tapino informatico è il guru, il factotum al servizio del Cazzaro Verde, colui che in pratica dirige e svolge quella particolare attività, molto remunerativa in acchiappa allocchi, ricordante l'estrazione dei denti d'oro ai defunti da parte di spregiudicati balordi al tempo del far west, e non solo. 
Come faccia a convivere con un tale abnorme pelo sullo stomaco il Morisi è mistero che futuri scienziati studieranno; riuscire cioè anche in questo drammatico momento, pregno di dolore, di sofferenza, a confezionare spregiudicate, invereconde, vomitevoli falsità al servizio del Felpato è un irrisolvibile enigma pari a quelli dei faraoni egizi. Riuscire a lucrare mediaticamente di questi tempi, rimarrà nella hall of fame dei grandi misfatti contro la ragione ed il libero pensiero. Ultima delle merdate by Morisi è la richiesta di lasciare aperte le chiese per Pasqua, condita dalla sarcastica frase "la scienza non basta" che se fosse proferita da un abate monastico ci potrebbe pure stare; detta dal Quattrostagioni Ridanciano invece invoglia a rispondere, alla pari: "si, è vero la scienza non basta per comprendere la tua abissale idiozia!" 

Ma siccome siamo in apertura di settimana santa, allego qui sotto una breve considerazione di Maurizio Patricello su Avvenire di oggi: 

"Non credo che l’attenta osservanza delle regole di salute pubblica da parte della Chiesa possa essere fraintesa. Al contrario, credo che, ancora una volta, noi cristiani siamo chiamati a rendere testimonianza in prima persona di un amore più grande. È tuttavia consolante, in queste settimane, sapere della sofferenza di tanti credenti nell’essere privati della Messa. Dio, che sa trarre il bene perfino dal male, trasformerà questo digiuno eucaristico, in nutrimento spirituale per il futuro. Passata la tempesta, impareremo forse a comprendere di più e meglio, la ricchezza che la Chiesa ci dona a piene mani e che non sempre abbiamo saputo apprezzare. Il cuore dell’anno liturgico, celebrato come mai era accaduto prima ci fa soffrire tutti, credenti e celebranti. Cerchiamo, però, di allungare lo sguardo in avanti."

E sempre sul tema della solitudine dei fedeli ecco di seguito un parere di Alberto Melloni:

Sì, e i riti deprivati del popolo visti in tv da un popolo deprivato dei riti commuoveranno il pubblico generico. Ma attendono di essere compresi, senza moralismi, come una "spina nella carne" (2 Cor 12,7) della Chiesa. La Chiesa, che tenne la salma di Welby sul sagrato, oggi non può accogliere i figli che vorrebbe benedire. La Chiesa, che negò la comunione ai divorziati penitenti, oggi non la può dare a nessuno. La Chiesa, che snobbò il bisogno di eucarestia dei popoli senza preti, deve sperare che nelle case qualcuno si assuma il compito (un ministero, nel linguaggio ecclesiale) di ricordare con gioia penitente la Pasqua di Gesù. 


Di Corona oramai si parla troppo ovunque, inteso come virus. Quell'altro invece ai domiciliari che ha ricevuto di questi tempi il personal trainer, non indigna neppure più, al massimo induce alla pietà. Dovesse ritornare in galera, spero che più nessuno ne richieda nuovamente la scarcerazione. Per una questione di decenza. 

Oggi è un mese esatto dalla tua dipartita caro papà. Mi viene da pensare "è già passato un mese!" ma anche "è solo un mese che non lo vedo!" 
Tristezza, riavvolgimento del nastro degli ultimi giorni, una moviola incessante che mi fa rivivere fotogramma per fotogramma sguardi, smorfie, frasi mozzate, sospiri. E tutto si trasforma in compartecipazione verso chi, tantissimi, in questi giorni non ha potuto star vicino al proprio babbo, mamma, nonno, figlio, figlia, soffrendo a distanza, guardando lancette semoventi col pensiero lancinante dell'impossibilità a partecipare con l'insostituibile affetto a cotanta tragedia.

Per concludere un bellissimo articolo di Giorgio Meletti dal Fatto Quotidiano, contenente tutto quanto avrei voluto esternare da tempo in materia, ma la mia incompetenza me lo ha sempre impedito. Complimenti Meletti! 

Non voler capire in che guai siamo
Confindustria & C. - Quelli che la crisi Coronavirus si risolve con il “primato della politica”


Il presidente della Confindustria Vincenzo Boccia ha trasmesso a un Paese impaurito un messaggio che moltiplica lo sconforto. “È il momento del primato della politica”, dice, rilanciando un vecchio motto della Dc. Lo propugnava Paolo Cirino Pomicino a fine anni 80. Antonio Patuelli, che oggi se la tira da banchiere ma allora era anche ufficialmente un politicante di seconda fila, lo accusava di volere “una restaurazione del primato della politica sull’efficienza e la produttività”. Il primato della politica per lorsignori è trafficare, e Boccia muore dalla voglia come molti dei suoi colleghi imprenditori per finta, spesso solo prenditori di denaro pubblico.
La nenia la sappiamo a memoria. Serve un fiume di denaro pubblico per dare liquidità a un’economia collassata, e tutti d’accordo, poi c’è il salto logico: la seconda mossa necessarissima sono le “semplificazioni che permettano l’attivazione immediata delle opere pubbliche e dei cantieri”. Sembra una vera ossessione. Non solo Boccia, anche il suo probabile successore Carlo Bonomi vuole fermare il Coronavirus con semplificazioni e grandi opere, e anche l’ex ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan e, più scatenato di tutti, il viceministro delle Infrastrutture Giancarlo Cancelleri, che vuole accelerare i cantieri Tav mentre il suo partito, il M5S, chiede di fermare i cantieri della Torino-Lione per destinare il denaro a più sensati impieghi.
È come se – a forza di raccontare che i grandi cantieri erano l’unico modo di tirar fuori l’Italia dal suo declino ventennale – nei loro cervelli fosse rimasto solo quel pensiero, e non si rendessero conto della drammaticità del momento. Per dire, due vecchi democristiani come Pier Ferdinando Casini e lo stesso Cirino Pomicino parlano di patrimoniale. In tutto il mondo ci si preoccupa di salvare le piccole e medie imprese, non le grandi. L’economista Michele Boldrin, liberista a 24 mila carati, dice che i titolari di redditi sicuri (statali e pensionati) dovrebbero cedere il 20 per cento del loro netto mensile a chi è rimasto per strada.
Di questo si parla. E qui siamo a gloriarci dell’ipotetica accelerazione (nb: partenza dei cantieri se va bene in 3-4 anni anziché 6 o 7) della tratta ferroviaria Fortezza-Ponte Gardena, 28 chilometri al costo di oltre un miliardo di euro che in un futuro indefinito e remoto (mentre controlliamo l’andamento della pandemia sulla scala dei giorni) collegherà il nuovo tunnel del Brennero alla nuova ferrovia Ponte Gardena-Verona che completerà il corridoio di collegamento ferroviario tra una città portuale, Helsinki, e un’isola, Malta, distanti 4 mila chilometri.
Abituati a succhiare il denaro dei contribuenti per poi dare la colpa del debito pubblico a malati e pensionati, si sono convinti che i soldi pubblici non finiscano mai. Questa classe dirigente è più lenta degli spiantati a capire che cosa ci sta arrivando addosso, e che bisognerà fare scelte e rinunce dolorose, decidere se dare da mangiare ai camerieri dei ristoranti rimasti a piedi o scavare tunnel ferroviari. E se chiediamo soldi all’Europa per il Coronavirus chi glielo dice poi agli “antipatici” olandesi che li spendiamo per le nostre cattedrali nel deserto?
Molti pensano che nel Dopoguerra, troppo spesso evocato a sproposito, l’Italia abbia conosciuto un’età dell’oro grazie al piano Marshall, e che ci aspetta una riedizione di quell’epoca felice e fiera di riscatto. Sarà bene che questi allegroni aprano almeno un libro, e scoprano che in milioni fecero la fame; che con il piano Marshall gli Stati Uniti ci hanno regalato meno del 2 per cento del Pil, e che i nostri padri se lo fecero bastare; e che oggi sarebbero 30-40 miliardi di euro che nessuno ci regalerà perché anche i ricchi stanno contando i morti. Il “primato della politica” sarà il benvenuto quando darà ai governi la dignità di ignorare le stupidaggini (interessate) di Confindustria.   

(23. continua ... Tourmalet permettendo...)




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