Un luogo ideale per trasmettere i miei pensieri a chi abbia voglia e pazienza di leggerli. Senza altro scopo che il portare alla luce i sentimenti che mi differenziano dai bovini, anche se alcune volte scrivo come loro, grammaticalmente parlando! Grazie!
giovedì 2 maggio 2019
Primo?
Come quando la giostra si ferma per far scendere i bimbi entusiasti, preparandosi per il giro seguente, così ogniqualvolta il calendario c'informa che è il Primo Maggio, assistiamo alla solita, immota, commedia dell'arte di chi, per mestiere, tende a personificare la difesa dell'occupazione.
Frasi stantie, obsolete, concetti uguali all'anno passato: maggiore sicurezza, salari degni della persona, lotta al lavoro nero.
Quest'anno il segretario Landini, una degna persona, ha lanciato pure la proposta di unificare il sindacato, proposta questa che non passerà assolutamente, non tanto per lui, quanto per chi di sindacato vive in agio grazie ai salari non propriamente da rider. Già perché nel frattempo è nata pure un'altra occupazione, quella dello schiavo che in bicicletta rischia la vita per portare i lauti pasti a riccastri tanto impegnati da non poter più andare al ristorante. L'ennesima prova di quanto le famigerate start up generino forme di schiavitù rigorosamente 2.0! In mano a controfagotti profumati che non rischiano nulla, queste forme di sopruso ricordanti la raccolta di cotone in Alabama, sono il massimo esempio di come questa cultura modernista in modalità tecno-rapto, arricchisca pochi per la sofferenza di molti.
E chi dovrebbe latrare, latra solo il Primo Maggio.
Si lavora sempre più sopra un piano scivoloso, bisunto, dove il lucro per i vari Ceo e padroni è totem intoccabile tendente all'infinito, le ladrerie e il brigantaggio la fanno da padroni, nomen omen, e tutto intorno non c'è che rassegnazione ed allocchismo dilagante.
Il rischio d'impresa è più piccolo di un batterio, sull'esempio della Famiglia sabauda al minimo segnale di calo delle entrate, scatta la cassa integrazione, i licenziamenti grazie a leggi vergognose pensate e votate da finti personaggi di sinistra, il Bomba e la sua corte su tutti, sono entrati nella quotidianità più becera.
Abbiamo assorbito concetti e teorie tanto dequalificanti il mondo del lavoro, che se fossero state presentate a grandi uomini com'erano i vari Pertini, Berlinguer, Paietta, Lama, ne avrebbero scatenato miriadi di calci per il culo verso gli ideatori di cotanta ribalderia.
L'aberrante avanspettacolo dei soloni inorriditi per le morti sul lavoro, sugli infortuni più o meno gravi dell'anno passato, stride e contorce le sinapsi dei pochi ancora in sé per comprendere che la corsa al prezzo più basso in ogni contratto statale e non, provoca la riduzione di professionalità, di mezzi di sicurezza idonei, di accorgimenti atti ad evitare le stragi continue e tendenti ad aumentare.
Parole, concertoni ed affini sembrano parte di un rito che si deve obbligatoriamente eseguire, per non far perdere il bianco al sepolcro imbiancato, edificato per remunerare pochi alle spalle di molti.
Se chi deve controllare è in minoranza o si mette d'accordo con il controllato, come si può sperare in un miglioramento? Se si continua, tra l'indifferenza generale, compreso parroci e vescovi, a far salire su pulmini da rottamare, esseri umani per spaccargli la schiena a raccogliere frutta ed ortaggi, pagandoli in nero 3 o 4 euro l'ora, facendoli dormire in baracche fatiscenti, ditemi se è possibile sperare in un miglioramento, in una ventata di dignità?
Sproloquiamo, compiacendoci, in altisonanti messaggi universali, vere supercazzole per allocchi, invocando quei miglioramenti umanitari che non si realizzeranno mai se come perno centrale di ogni questione attinente il mondo del lavoro resterà inamovibile l'arsura, la spasmodica ed impellente necessità d'incrementare il lucro per i soliti noti. Costi quel che costi, con l'optional del fingere di progredire tecnologicamente, ultima frontiera dell'eterna presa per i fondelli per i senza bussola quali siamo da sempre noi che crediamo in un futuro migliore.
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