lunedì 27 maggio 2019

E ancora


La forma di elevazione suggerita dagli antichi padri è la migliore: innalzarsi per veder meglio passato e futuro. 
E allora, sforzandomi, cerco di portarmi fuori dai liquami, dalla fogna di questo periodo storico per capire, meditare, proporre: che vedo? Vedo un assembramento piuttosto squallido di sotterfugi atti a destabilizzare quello che agli occhi di tutti i liberi pensatori sarebbe dovuto essere un cambiamento epocale, la fine della vecchia politica, che poi di politica non aveva proprio nulla in sé visto che era affarismo, lobbismo condito da una dose massiccia di corruttela. 
Uscivamo malconci dal periodo montiano dei sacrifici per tutti, tranne loro, e piombammo nell'Era del Ballismo, una ciurma di incapaci guidati da un Ebetino che promisero la Luna non riuscendo in seguito a garantire che qualche sassolino di dubbia provenienza. 
Venne allora un ideale di totale rinnovamento, sfanculante macigni in apparenza inamovibili. Quel movimento che riuscì a divenire il primo partito d'Italia si espose ai fuochi incrociati di chi, professionalmente, vedeva in loro la fine della cuccagna supercazzolante. 
Inesperienza, mancanza di decisionismo, protezione degli ideali fondanti l'essenza stessa dei Cinque Stelle ne hanno ieri decretato un ridimensionamento tanto eclatante quanto destabilizzante. Paga per tutti quella politica che ha cercato di essere anzitutto onesta, ligia ai doveri, ossequiosa delle regole, protettrice della classi meno abbienti. Ed è un'anomalia questa che deve necessariamente avere dei responsabili. In primis Luigi Di Maio che è stato incoronato capo politico del Movimento. Sono a lui ricondotte le scelte che hanno provocato la disfatta: mescita e conseguente liquefazione delle architravi su cui tutto si reggeva, dal rifiuto ad appoggiare politici indagati, alla questione dei migranti; dalla scelta di acquisire ministeri molto difficili, come quello del Lavoro dell'Industria, lasciando agli altri quello dell'Interno, una fornace di consensi senza nulla rischiare, un coacervo di spinte propagandistiche che ha trovato una pianura senza alcuna barriera atta a contenere l'espansionismo del Cazzaro Verde. 
Invece che essere il primo partito a dettare le agende, si è verificato l'opposto, tra selfie e dichiarazioni tanto becere quanto destinate e recepite da allocchi impenitenti. 
Salvini ha stretto in una morsa asfissiante tutte le risorse e le differenze del movimento, finito a far da comparsa all'Unno. Nel contempo la stampa ha continuato il suo lavoro di logorio ai fianchi, inventandosi palle clamorose, evidenziando notizie a dir poco insignificanti, sproloquiando contro i ministri del cambiamento, ridicolizzandoli, sbeffeggiandoli oltremodo. Media da sempre proni all'affarismo hanno consentito di far entrare nel pensiero comune, quello di tutti i giorni, l'idea, in parte vera, che gli aderenti al movimento fossero incapaci, inesperti, indegni delle cariche a loro affidate. 
La maggioranza dei cittadini ha quindi optato per l'Uomo Forte, una voglia perennemente insita in molte menti italiche dai tempi del Pelato Guerrafondaio. 
Quest'ingiusta manovra d'informazione ha agevolato oltre ogni previsione l'avvento del Cazzaro, ora primo partito con più del 34% di consensi. 
Ribadisco quindi che Di Maio dovrà al più presto rassegnare le dimissioni da capo politico del movimento e il presidente Conte salire al Colle per la necessaria crisi di governo. 
Non si può tergiversare, né far da sponda al Cazzaro Vincente. Si voli verso nuove elezioni lasciando il cerino acceso in mano ai leghisti. I quali dovranno nuovamente cercare l'abbraccio mortale con il Delinquente. Insomma: è l'ora della rinascita.     

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