martedì 4 dicembre 2018

L'indegno teatrino



Gli "Altri" si sono ritrovati, scendendo su questa terra a loro tanto cara, Alloccalia. Una solenne assise capeggiata da quel Vincenzo Boccia che sta all'equità come Fedez e Ferragni alla vita riservata, il quale, da presidente di Confindustria ha riunito a Torino nell'enorme sala delle riparazioni ferroviarie, dodici associazioni imprenditoriali, il must dell'Altra Italia, quella che sbuffa, ansima, freme, spera di continuare ad arricchirsi alla faccia del popolino, sbertucciandolo con fregnacce altisonanti.

Boccia, da consumato trascinatore, invoca addirittura le dimissioni del Premier, fatto inaudito visto che era almeno un decennio che ciò non s'udiva da quelle parti, quasi ad evidenziare il sublime evento, che questa compagine scalcinata governativa forse, e noi ci speriamo tanto, pare agire in modalità non esaustiva i "cazzi loro", da sempre scambiati per benefici alla collettività, fucine di risorse, di energie e fondamentalmente invece, a mio parere, abbacinati esclusivamente dal lucro. 
Dai, diciamocelo almeno per una volta: sono spariti gli enormi vantaggi elargiti da precedenti macchiette, vedasi in primis l'ormai sbiadito ed inconsistente Pifferaio Scialbo di Rignano, il quale mise sul piatto di questi famelici sognatori di profitti, lo schiavismo 2.0, generalmente chiamato, per fuorviare, Jobs Act. 

E si sentono ancora pregni di sé questi signorotti paesani malpensanti, nel senso che ogni loro iniziativa commerciale non solo deve essere esente da margini di rischio, grazie a salari miserrimi e alle amiche banche, ma il margine di guadagno deve correre sempre più, tendendo all'infinito, e si sentono tanto forti da non esitare a spargere baggianate al fine di mascherare i loro chiari obbiettivi. 

Sentite come ci narra questa convention il loro organo ufficiale, Repubblica: 

Era decenni che un presidente di Confindustria, sia pur al termine di una lunga serie di ipotetiche, non chiedeva le dimissioni dell’esecutivo. Ed era molto tempo che l’assemblea degli industriali italiani non applaudiva in modo entusiasta. 

Il salto dal bianco e nero di un secolo fa al colore di oggi è impressionante. Nelle prime file i vertici delle associazioni degli imprenditori italiane, delegazioni venute dal Veneto, dalla Campania, dalla Sicilia. Per dire sì alla Torino- Lione « una metafora delle infrastrutture necessarie a questo Paese » , spiega Paolo Pininfarina, erede di una famiglia che ha reso famoso il design italiano nel mondo.

Ecco la fregnaccia! La Torino - Lione, invocata già dalle Madamin piemontesi, avvolte nei loro sobri cashmere, simbolo di quelle grandi opere che elargiscono, anzi: sottraggono risorse ad una nazione come la nostra oramai esangue, vedasi il ciclopico Mose, una sarabanda di manigolderie senza scrupoli che è riuscita a sfilarci una manciata di miliardi, senza ritorno, senza speranze.
Ma andiamo avanti con l'organo ufficiale:    

Tra i 12 presidenti delle associazioni imprenditoriali italiane, il più toccato dalla politica degli stop è certamente il parmense Gabriele Buia, responsabile dell’Ance, l’associazione degli imprenditori delle costruzioni: «Non possiamo più proseguire con la politica dei blocchi. Abbiamo attualmente quasi 25 miliardi di lavori sospesi » . Tutti appesi alla valutazione costi/ benefici: « Diciamolo, non se ne può più di queste valutazioni che bloccano tutto » , sbotta la genovese Patrizia De Luise, presidente di Confesercenti. Buia ricorda che « ormai le imprese italiane sono costrette a cercare commesse principalmente all’estero » . E cita il caso della Cmc, costretta al concordato per le difficoltà in Italia.

Altro riscontro: continuano a blaterare come se ancora continuassimo a considerarci silenti abitanti di Alloccalia! Sappiamo infatti che la richiesta di concordato delle gigantesche imprese di costruzioni derivi dal fatto che stanno sparendo, finalmente, le richieste extra di denari per l'insorgere di attività fuori dai capitolati di offerta, un espediente arcinoto che permetteva a questi giganti fondati sull'amicizia politica, di far lievitare costi e guadagni, per loro, alla faccia nostra. Te credo quindi che siano incazzati! E' finita la cuccagna! 

E Boccia, come racconta l'House Organ, eroicamente arriva al punto di avvisare l'esecutivo! Sentite:

Che cosa spera di ottenere la Pallacorda degli imprenditori italiani? Il messaggio implicito della sala è politico ed è rivolto naturalmente alla Lega, quella che soffre di più. Riservatamente molti dei presenti sperano che Salvini abbandoni la zavorra grillina, forte dei sondaggi. Ma in chiaro nessuno si azzarda a tanto. Dal palco Vincenzo Boccia avvisa però che « la nostra pazienza è ormai quasi al limite ». Il 65 per cento del Pil italiano è presente in sala e non sembra molto disposto a farsi dare la linea sulle infrastrutture dai centri sociali torinesi che ormai hanno egemonizzato la battaglia dei No tav.

Non la nostra, ma la loro pazienza è finita! Qui il gioco delle parti è vergognosamente invertito da quell'abile prestigiatore che sembra essere il capo di Confindustria. 

In sala ci sono imprenditori come Marco Lavazza vicepresidente della società del caffè. È favorevole alle infrastrutture «perché favoriscono gli investimenti e migliorano la nostra possibilità di esportazione. Prenda il nostro caso: abbiamo due stabilimenti in Piemonte e uno in Francia, a Montpellier. Esportare facilmente all’estero significa anche garantire il lavoro delle fabbriche italiane » .

E certo Lavazza! Vuoi mettere far arrivare il caffè due ore prima alla modica cifra di qualche decina di miliardi, sventrando una montagna pregna di amianto? 

Ed ecco Zatterin, vicedirettore della Stampa, ovvero Agnelli unito in matrimonio a De Benedetti, per una nuova stagione propulsiva qui in Alloccalia: 

Il vicedirettore de La Stampa, Marco Zatterin, modera gli interventi e ricorda che « le associazioni presenti in questa sala rappresentano 3 milioni di imprese, 13 milioni di dipendenti e l’ 80 per cento dell’export italiano » . Riuscirà la Lega a ignorarli per onorare il patto con Di Maio?
In teoria dovrebbe essere molto difficile tornare indietro sulla Torino- Lione perché, come ricorda Giancarlo Gonella di Legacoop, « a questo punto costerebbe più fermarla che finirla » . Ma le cose non sono così semplici: « Incontreremo una delegazione di chi è favorevole alla Tav » , dice Di Maio in serata. Si sapeva già. L’incontro è fissato per domani con Conte, lo stesso Di Maio e Toninelli. Boccia lamenta che « il governo continua a considerare la Tav un problema locale di Torino » . In ogni caso l’incontro verrà prima della contro manifestazione No Tav di sabato, indetta per rispondere alla mobilitazione torinese di un mese fa in piazza Castello, quella egemonizzata dalla « madamine » anche oggi alle Ogr.

E siamo al gran finale, tenetevi! 

Ma il malumore, catalizzato dal no alla nuova linea ferroviaria, è molto più profondo. Boccia lo dice senza giri di parole: « Basta con la campagna elettorale permanente, basta con politiche che fanno salire lo spread e penalizzano la nostra capacità di investimento. Torni il senso di responsabilità » . Su questo punto sarà arduo accontentare la Pallacorda di Torino. Più semplice fare la Tav.

Torni il senso di responsabilità! Questo dice Boccia dall'alto del suo regno, fondato, pare, sull'irresponsabilità, perché, un attimo prendo la calcolatrice, un attimo.. ah si! Se la memoria mi assiste c'è un calcolino che ho da sempre in cervice: se l'evasione annua supera i cento miliardi, e se il 50-60% degli italici paga le tasse alla fonte, chi cazzo evade in maniera continua, spossante, enorme, vomitevole?
Chi cazzo evade dottor Boccia? 
Alloccalia si sta svuotando dottor Boccia! Per fortuna si stanno aprendo tanti bulbi oculari. Alla faccia del Tav, non si dice la Tav, ma il Tav! 


  
   

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