Quel sigaro, borchiato, da telefilm colombiano mi ha attirato, fermo al lungo semaforo, appaiato al suo enorme Suv, rigorosamente nero; e poi la chioma di capelli, gli occhiali a specchio e una padella diamantata incastonata sul lobo sinistro. Parlava con il passeggero alla sua destra con quel ghigno tipico di chi crede di essere il fulcro del mondo, a cui dispiace tremendamente dover condividere aria, acqua e cibo con il resto dell’umanità. E allorché gli si è avvicinato un abituale elemosinante dell’incrocio, un anziano sdentato con barba incolta e bicchierino tremolante in mano, questo signore avviluppato all’effimero, facendo scendere l’aureo finestrino, nella fattispecie finestrone, ha incominciato elegantemente ad insultarlo, dileggiandolo oltremodo, trasudando disprezzo, alterigia, arrivando a sbuffargli il prezioso fumo del suo pacchiano sigaro, in faccia, al punto che se avessi avuto l’auto di 007 non avrei esitato a farlo esplodere, sollevando ed allietando la comunità intera. Essendone sprovveduto, mi è rimasta solo la speranza in un mondo più giusto, poca cosa al confronto dell’eclatante merdosità di idioti taglia XXXL, come questo sbuffante e vaporoso imbecille.
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