martedì 23 ottobre 2018

Requiem


Se ne vanno sempre i migliori! 
Qui sotto il ricordo di Repubblica. 

ETTORE LIVINI,

MILANO È stato, da sempre, l’uomo dei numeri di casa Benetton. Ha guidato la diversificazione della famiglia fuori dal mondo della moda e dei maglioni. Ha spalancato, con alterne fortune, al clan di Ponzano Veneto le porte dell’Olimpo della finanza italiana.
Trasformando il brand dei golf colorati in un colosso diversificato che, malgrado la tragedia del Ponte Morandi, vale in Borsa 14 miliardi. Gilberto Benetton, però, morto ieri a 77 anni dopo una breve malattia, è sempre sfuggito — « per timidezza » , dice chi lo conosce bene — alle etichette facili Per il suo storico braccio destro Gianni Mion — che gli dava del lei dopo 30 anni di lavoro gomito a gomito — era semplicemente il « Sior Gilberto » .
Un finanziere? No, assicurava il diretto interessato: « I miei fratelli mi hanno incaricato di gestire i nostri risparmi fin da ragazzo — si schermiva — ma io non sono un esperto di finanza » .
L’ambasciatore della famiglia presso i salotti buoni? Nemmeno.
L’unico salotto che contava per lui — assicurano gli amici — era quello di casa in centro a Treviso, la stessa di quando i Benetton erano ancora " signori nessuno" e dove con la moglie Lalla ha cresciuto le figlie Barbara e Sabrina. Il buen ritiro dove rientrava appena possibile dai viaggi d’affari in giro per il mondo, evitandosi — se possibile — il fastidio di transitare a Roma o Milano. E basta cercare su Youtube una delle tante interviste concesse a margine delle partite di basket, pallavolo o rugby dei team trevigiani sponsorizzati Benetton per capire che quello, non Piazzetta Cuccia e dintorni, era il suo ambiente.
Chi era Gilberto Benetton allora?
« Un imprenditore dei servizi » , si definiva lui. Un industriale del Nord- est che si è fatto da sé ma senza gli stereotipi degli altri colleghi veneti per cui " piccolo ( e indipendente) è meglio". Un raffinato power- broker in molte grandi partite della finanza tricolore che però — per quanto possibile — ha sempre sfuggito i riti e le liturgie del capitalismo di relazione. Un mondo dove i Benetton erano corteggiatissimi perché erano tra i pochi che i soldi ce li avevano davvero.
Non è stato sempre così. Gilberto, terzogenito della dinastia famigliare, ha perso papà quando aveva quattro anni e tra mille sacrifici è rimasto a scuola fino ai 14 ( « sono quello che ha studiato di più in famiglia » , scherzava spesso). Così quando Luciano, il primogenito, è riuscito a convincere la sorella Giuliana a mettersi in affari con lui per produrre e vendere maglioncini come quello giallo sgargiante che gli aveva fatto e regalato, Gilberto è stato nominato ad honorem il " cassiere" di casa. Lui ha preso il lavoro sul serio. Gli affari sono andati bene, la maglieria ( per un po’) si è rivelata una macchina da soldi e il Sior Gilberto ha iniziato a spenderli fuori dai confini del Veneto. Puntando dritto al cuore della finanza privata italiana ma facendo shopping anche grazie ai saldi di stato degli anni ‘ 90.
« Non siamo mai stati bravi a tenere i rapporti con Roma — si è lamentato spesso — in fondo siamo veneti » . In realtà i suoi successi imprenditoriali più grandi sono quelli costruiti sulle ceneri della partecipazione pubblica. Gestiti con lungimiranza lasciando la gestione — cosa rara tra le dinastie italiane — ai manager e limitandosi a orientarli come azionista. Il primo " colpo" nella capitale è del 1994 quando assieme a Leonardo del Vecchio e ai tedeschi di Moevenpick rileva i supermercati Gs e gli Autogrill. La gestione Benetton rivolta il gruppo come un calzino, fa crescere il marchio Autogrill sulle strade di tutto il mondo e lo trasforma in uno dei leader globale di settore.
Un affare sono pure Aeroporti di Roma e Autostrade per l’Italia, comprate a debito, ripagate in pochi anni, globalizzate e diventate anche loro galline dalle uova d’oro in grado di dirottare fior di dividendi verso Ponzano, una pioggia d’oro in grado di far dimenticare le difficoltà del vecchio business dei maglioncini.
Gilberto è l’anima di questi business e il " teorico" dell’internazionalizzazione. Una ricetta che ha funzionato quando il controllo è rimasto più o meno in famiglia ma difficile da applicare quando i Benetton hanno giocato al grande risiko dei salotti buoni nazionali.
Il " do ut des" con lo Stato, per dire, li ha convinti a entrare in Alitalia con i capitani coraggiosi nel 2009 bruciando qualche decina di milioni nel pozzo senza fondo dell’ex- compagnia di bandiera.
« L’investimento peggiore » , copyright dello stesso Gilberto, è stato quello in Telecom Italia al fianco di Marco Tronchetti Provera. Una Caporetto finanziaria dove la famiglia ha visto andare in fumo qualcosa come 1,5 miliardi.
Buchi che però non hanno scoraggiato il Sior Gilberto che ha deciso di entrare in Generali con una partecipazione del 3% che fa di Ponzano uno dei pivot della " cordata italiana" ( si spera più fortunata di quella di Alitalia) che fa la guardia all’italianità del Leone di Trieste.
Tempo per sé, in questo tourbillon di affari e milioni, Gilberto ne ha avuto sempre poco. Riservato, schivo, ha evitato sempre qualsiasi passerella mondana al netto di qualche apparizione sui campi di golf e l’unico sfizio che si è concesso è Nanook, lo yacht di 49 metri battente bandiera inglese messo in vendita proprio quest’anno.
Gli ultimi mesi per lui non sono stati certo facili. Prima la morte del fratello più giovane Carlo, poi il crollo del ponte Morandi. Dove lui ( con ritardo, gli hanno contestato in molti) è stato chiamato a metterci la faccia per tutti. « Siamo stati in silenzio perché dalle nostre parti è segno di rispetto — ha detto in un’intervista a Il Corriere della Sera — Abbiamo fatto degli errori e quando avremo accertato compiutamente cosa è accaduto verranno prese le decisioni che sarà giusto prendere » .
Uno choc, anche perché in queste settimane si stava chiudendo quello che molti operatori giudicavano come il suo vero colpo da maestro: la fusione tra Atlantia, la cassaforte di famiglia, e la spagnola Abertis per dar vita a un colosso mondiale delle autostrade. L’operazione si farà.

Ma Gilberto purtroppo non avrà il tempo di firmare la fusione.

Nessun commento:

Posta un commento