domenica 14 ottobre 2018

Oremus


Molto caratteristico andare a Messa a (omissis) per la curiosissima (cit.) preparazione dei canti intonati da una giovane (probabilmente e segretamente inviata dall’UAAR visto l’alto numero di persone che al termine della funzione manifestano pubblicamente il loro neo ateismo) ad un livello tipico e riservato agli eunuchi. Durante queste accozzaglie di sibemolle che soltanto la pietas cristiana, miracolosamente, chiama canti, si assiste a crampi esofagei tanto abnorme è lo stiramento di colli intenti ad arrivare alla nota giusta, e questi martiri pare siano già stati informati e rasserenati, segretamente, da arcangeli di aver raggiunto il premio eterno per la mansuetudine e la pazienza dimostrata. 
Il suono emesso dai pochi e valorosi che tentano di seguire l’atea in pectore, assomiglia più ad un raduno di datate ambulanze festeggianti al termine del pranzo sociale, lautamente irrorato da rosso frizzante, con sirene sparate a gò gò. Al Santo ho personalmente visto anziani salire su treppiedi, su scale, su sgabelli per acchiappare la tonalità in simil fischio di fabbrica decretante la fine giornaliera delle attività. Pare anche che alcune statue di santi esposte nelle cappelle laterali si siano portate le mani al viso, in segno esplicito di sgomento, facendo gridare al miracolo. 
Il top si raggiunge allorché l’Intonante smette di gracchiare al momento di ricevere la Comunione, creando un ambiente facilmente equiparabile a quello di un’osteria trovatasi improvvisamente sprovvista di vino con una parte degli astanti scioccati e silenti per la ferale notizia ed altri, più fortunati, ancora intenti a svuotare caraffe, tra nenie e canti impastati dall’inevitabile “palpitola”

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