mercoledì 31 ottobre 2018

L'insostenibile leggerezza del giglio


Ma si, che gliene frega a codesti signori della poltrona, se in questo deturpato paese non esista una sana e democratica opposizione capace di riportare i tanti sbandati al potere, inconcepibilmente ancora non scafati, verso una più sana e giusta rotta! 
Che gli importa agli amichetti del nefasto e neo documentarista, al tempo signore nell'Era del Ballismo, del rinnovamento di un partito una volta, molto tempo fa, rifugio e riferimento per la mai non vinta battaglia contro i soprusi sociali? 
Zingaretti potrebbe essere il nuovo, il rinnovamento? Ne dubito, ma sarebbe sicuramente la parola fine all'accozzaglia gigliata, distruttrice di ideali, di tematiche tramandata dagli antichi padri della vera e sinergica sinistra. 
Siccome però i perdenti, gli stracciati, i disarcionati facenti capo al Pifferaio oramai non solo più magico, ma anche insufflante tenerezza vista la sparizione mediatica, non ci pensano proprio a togliere il disturbo per un medicamentoso, per loro e per noi, anonimato eterno, ecco arrivare l'idea mefitica di candidare sia Minniti che il povero Martina al fine di non far raggiungere il 50% a Zingaretti e delegare, secondo statuto, all'assemblea nazionale, in pratica il parco voti attuale della compagine politica, l'elezione del futuro segretario del partito. E la suddetta assemblea ad oggi è controllata ancora, misteriosamente, dai cosiddetti renziani. 
Chiaro e limpido quindi che a questi poltronieri, a questi ansimanti il tanto amato potere, non freghi un'emerita ceppa del bene del partito e, conseguentemente, del paese. A loro importa solo non mollare, non sparire, a costo della fine di un simbolo della sinistra. Pensano, per via della loro illuminante Leopolda, di poter ritornare in tolda, Madie e Boschi comprese, per il bene loro e la fine della speranza democratica, dal sapore prettamente orfiniano.  

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