martedì 11 settembre 2018

Don Farinella


L’eredità e la porpora mancata. Vi racconto l’ex nunzio ferito

DON PAOLO FARINELLA: “SCRISSI DUE VOLTE AL SANTO PADRE SUI COMPORTAMENTI DI VIGANÒ, CHE NON È DIVENTATO CARDINALE E ORA SI VENDICA SENZA PIETÀ”


Le esternazioni di monsignor Carlo Maria Viganò, ex nunzio vaticano a Washington, contro Papa Francesco sono la vendetta di chi non ha ottenuto il cardinalato. L’integerrimo monsignore non può ammettere la vera ragione della sua sortita, ma sono a conoscenza di fatti che possono far luce sul caso.

Nel 2013 pubblicai un libro con ilSaggiatore dal titolo Cristo non abita più qui (avrei preferito Vaticano, Dio è altrove ma all’editore parve troppo forte) in cui scrivevo: “Mons. Carlo Maria Viganò, uomo giusto, aveva avvertito il papa che monsignori e cardinali erano ladri e corruttori a forza di tangenti in Vaticano e fuori. Il cardinal Bertone, vedendo toccati e accusati i suoi uomini, per punirlo della sua onestà che, per contrappeso, faceva emergere la delinquenza dei protetti bertoniani, lo fece allontanare dal Vaticano e lo spedì oltreoceano, con una promozione che nelle intenzioni e nei fatti era solo una condanna a morte”. In effetti, durante la gestione Bertone, Viganò si comportò in modo ineccepibile, scoprendo e svelando truffe e corruttele per 42 milioni.

Dopo alcuni mesi,ricevetti un plico di atti del Tribunale di Milano da cui emergeva che monsignor Viganò era accusato di avere raggirato il fratello Lorenzo – prete malato e in quasi povertà – sull’eredità immobiliare di famiglia, quasi tutta nei dintorni di Chicago negli Usa e denaro liquido per un giro complessivo di circa 28 milioni di euro, senza contare i canoni di affitto di molti immobili in comunione ereditaria con il fratello prete Lorenzo e una sorella. Dai documenti sembrava emergere che il monsignore si fosse appropriato in modo illegittimo di tutta l’eredità, salvo un accredito di un milione al fratello che dopo due mesi (sic!) sarebbe stato stornato dallo stesso monsignore sul proprio conto. Dopo lunga riflessione, nel dicembre 2014, scrissi a Papa Francesco, al Segretario di Stato Pietro Parolin e al cardinale Bagnasco di Genova.

Sono convinto che la mia lettera ebbe risonanza in Vaticano e forse un peso nella decisione di non nominare Viganò cardinale. Egli stesso mi telefonò informandomi di essere al corrente del mio rapporto al Papa e delle conseguenze. Seguirono altre quattro o cinque telefonate. Monsignor Vigano mi spiegò le sue ragioni, logicamente opposte ai documenti che egli minimizzava. Sperava che io potessi ristabilire la verità. Non ero convinto di quanto mi diceva e risposi che ci avrei pensato.

Poi scoprii che lo studio legale che mi aveva inviato i documenti era direttamente interessato alla vicenda ereditaria, poiché il figlio del titolare aveva sposato una nipote di monsignor Viganò, figlia della sorella che sarebbe stata truffata. Il titolare dello studio tacque sul palese conflitto d’interessi, ma giunse a propormi di essere “mediatore” nella questione ereditaria, se il nunzio americano fosse stato d’accordo. Mi sentii raggirato sia dallo studio legale sia da monsignore. Rifiutai ogni coinvolgimento. Nel febbraio 2014 scrissi una seconda lettera agli stessi destinatari della prima in cui aggiornavo delle ultime scoperte. Decisi di spedirla anche al nunzio negli Usa, Carlo Maria Viganò. Lo studio legale mi accusò di tradimento, da Washington ricevetti una email di ricezione e dal Vaticano la ricevuta di ritorno della raccomandata. Per Viganò si chiuse ogni possibilità di nomina, nonostante avesse avuto il merito di aver fatto emergere il sistema di potere e di corruzione nell’era Bertone all’origine delle dimissioni di Benedetto XVI.

Con l’arrivo di Papa Bergoglio, Viganò sognava un rientro trionfale a Roma e la nomina a cardinale. Papa Francesco, però, non dispensa premi e prebende, ma esige coerenza e povertà e lasciò che Viganò giungesse alla normale scadenza delle dimissioni. Nel monsignore crebbe la voglia di vendetta. Vedendo crollare il proprio castello di carta scivolosa, novello Masaniello, Viganò dichiara guerra a Francesco e arriva a chiederne le dimissioni. Un tentativo maldestro con cui l’ex nunzio tenta di mettersi alla testa della destra cattolica più becera perché ogni giorno che passa è sempre più difficile per la lobby gay e la congrega del malaffare che fanno assomigliare il Vaticano a una città senza Dio. Gesù ha insegnato di amarsi come fratelli, ma per fortuna sua, pare che fosse grato a Dio di essere figlio unico. Chi vuole sapere la verità sull’“onesto” Viganò, non faccia altro che “chercher l’argent!”. Come sempre.

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