Leggete please, e ditemi voi se...
LO SCHIAFFO ALL’EUROPA E ANCHE AGLI ITALIANI
Francesco Manacorda per Repubblica
La sfida all’Europa è lanciata, l’azzardo finale sull’Italia e sui suoi risparmiatori è realtà. La rete di sicurezza che il ministro Tria sembrava aver allestito in queste settimane finisce in brandelli in un solo giorno. Al suo posto sventola il panno rosso del deficit al 2,4% del Pil - non per uno, ma addirittura per tre anni - che già stamane ecciterà i mercati finanziari e infiammerà lo spread. A poco è valsa la moral suasion del Quirinale, che adesso arretra dalla trincea del rigore finanziario verso una ridotta dove si conta sulla permanenza al governo del ministro dell’Economia – ma basterà? - per evitare una fuga degli stessi mercati dal rischio Italia improvvisamente più alto.
Il risultato secco è che il rapporto tra deficit e Pil che lo stesso Tria, intessendo una trattativa con Bruxelles, aveva inizialmente fissato all’1,6% del Pil, sale di 0,8 punti. Sono oltre 13 miliardi di euro da destinare al "contratto" Lega-5S. Comprensibile la loro esultanza. Ora ci spiegheranno – hanno già cominciato a spiegarci – che quello che è andato in scena ieri tra i palazzi del potere e le piazze virtuali è il trionfo della democrazia e l’affermazione della vera politica.
Ora ci spiegheranno che la "manovra del popolo", per usare la retorica gonfia e vuota che piace a Di Maio, è anche la condanna definitiva della dittatura di quei tecnici "politicizzati" che nell’immaginario gialloverde sono annidati negli anfratti dei ministeri come un esercito di silenziosi untori.
È di queste certezze che sono piene le bandiere 5 Stelle che ieri sera sventolavano sotto Palazzo Chigi, riprese da Di Maio in una impressionante diretta su Facebook che porta il mito della democrazia diretta in una nuova dimensione.
Sarebbe bello se questo sforamento dei parametri europei – che di per sé non sono un dogma intoccabile – fosse sul serio il segno di un’epoca nuova, in cui una politica responsabile si fa carico di mettere in discussione regole che ritiene illogiche e si assume il compito di far ripartire un Paese che sta già rallentando. Ma non è così: il menù ricchissimo, tutto spese e niente tagli, tutto mance e niente investimenti, che le forze di governo si preparano a somministrare agli italiani è fatto dagli stessi piatti avariati che abbiamo già visto nella vetrina elettorale: condoni e assistenzialismo, ricerca del consenso tra i più anziani a spese dei più giovani.
E anche al di là delle cifre, è la composizione della manovra che si profila che disegna un’idea di Paese – di sviluppo, purtroppo non si può dire – da rigettare: l’ennesimo condono fiscale che premia i furbi e penalizza gli onesti; il vecchio assistenzialismo dc rinnovato prima con le pensioni di cittadinanza e poi – è la promessa – con un reddito di cittadinanza; e ancora la quota 100 sulle pensioni per accontentare le richieste di chi al Nord è entrato giovane in azienda, una carezza fiscale alle partite Iva. È un Cencelli del consenso, un buffet libero delle promesse elettorali dove ognuno può servirsi a suo piacere in attesa che altri paghino il conto.
Ma il conto chi lo pagherà?
«Insieme abbiamo dimostrato che cambiare il Paese si può e che i soldi ci sono», tuona trionfante ieri sera Di Maio. Sì, i soldi ci sono, ma sono nelle mani di chi deve comprare il nostro debito pubblico: uno stock accumulato di 2.300 miliardi, 400 miliardi che l’Italia chiede ai famigerati mercati ogni anno emettendo titoli di Stato. Da ieri sera diventa più difficile e più costoso trovare quei soldi. E il conto dello spread che corre ecco la promessa elettorale vera che i gialloverdi non hanno mai raccontato - lo pagheremo noi.
Nessun commento:
Posta un commento