venerdì 21 settembre 2018

A volte serve...


Frequentando un ospedale ci si immerge in un'ambientazione particolare, umana, molto umana. Mentre fuori da esso infatti molte metodologie sociologiche inducono a credere in un'immortalità apparente, mi riferisco a labbra e seni gonfiati, zigomi irreali, capelli verniciati oscenamente, pensioni elargite oltre i 65 anni, lotte per olimpiadi nel 2026, programmi spaziali oltre il 2100, rateizzazioni di furti di soldi pubblici al 2094, vedi Lega, in un ospedale la vera durata dell'umanità è palesemente reale: persone ultraottantenni da operare ma, data l'età, lasciate all'abbrivio vitale, non per malasanità ma per il chiaro, lampante e incontrovertibile ciclo biologico. Tutto è apparenza attorno a noi, tutto è vanità, conferma da secoli la Bibbia. T'accorgi della volatilità della nostra esistenza quando t'immergi nel dolore, nella sofferenza. Comprendi l'esile, fragile e caduca essenza del soffio vitale, pronto a spegnersi alla prima forte e determinata spinta, naturale o indotta dalla malattia. Comprendi ed il cielo sopra di te si fa limpido, spazzando le finte, illogiche, insensate, abbacinanti, eteree, inconcludenti, atrofizzanti, puerili, rimbambenti finzioni che attanagliano questa vita, stupenda benché destinata ad esaurirsi dopo aver attraversato i vari tempi biologici.  

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