La cuspide della sua ombra arriva ovunque su questo lido assolato; il ruolo a lei proprio è inconfondibile anche agli estranei, la sua presenza quasi obbligatoria in un arenile che si rispetti: ella infatti è la Curiosa Pettegola. S’aggira anonimamente tra i filari d’ombrellone, pronta a carpire frasi ammosciate, sommesse, tipiche di un chiostro di novizi. Alterna eterni fraseggi al cellulare, tanto prolissi da incunear il sospetto che sia in contatto con l’ora esatta (perché d’altronde non potendosi chiamare chi al mondo è abilitato a pazientar innanzi alle sue eterne ed impalpabili fregnacce?) a risolini isterici su gozzovigli d’esausti neuroni, condivisi con le sue amiche d’ombra, o di sole, a seconda delle flatulenze verbali; ed in concerto muove il collo a mo’ di radiofaro pronta a captare un miasma, una tonalità gutturale al di sopra della media, un civettuolo dialogo tra amanti. Scruta, meglio di Achab i marosi, ogni anfratto, sedimento pulviscolare al fine di captare novità, essenzialmente minuzia. E quando qualcuno o qualcosa le passa davanti ecco il radiofaro trasformarsi in Tac per un controllo maniacale di postura, sentimenti, intenzioni a cui segue meraviglia sul suo volto allorché constata di non conoscere quel passante, un’assurdità riprovevole secondo i suoi malconci canoni.
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