domenica 19 agosto 2018

Giannini su Repubblica


AVVOLTOI E COCCODRILLI
Massimo Giannini

Genova colpita al cuore... Genova non si arrende... Una tragedia inaccettabile... Un Paese unito per un dolore condiviso... Le belle parole di Mattarella e Bagnasco scandiscono l’ennesima, ordinaria Spoon River italiana. Parole sincere, ma purtroppo non vere. Volteggiano troppi avvoltoi e piangono troppi coccodrilli, sulle 43 anime innocenti sepolte sotto il Ponte Morandi. Come cantava l’immenso De Andre’, in ogni nostra, maledetta domenica delle salme, "le regine del tua culpa affollano i parrucchieri". I "signori delle Autostrade" ci hanno messo ben quattro giorni per dire l’unica cosa che ci si aspettava da loro: siamo addolorati, chiediamo scusa. Ora il ceo Giovanni Castellucci ci mette almeno la faccia. Mentre i Benetton, maghi del marketing, si limitano a un tardivo comunicato.
La rabbia delle famiglie è sacrosanta. Il Politecnico di Milano nel novembre 2017 segnalava le "anomalie ai tiranti della torre 9" e l’urgenza di " installare sensori per monitorare la tenuta del viadotto". Ministero dei Trasporti e Autostrade Spa sapevano. Ma hanno taciuto, atteso, rinviato. Un padre in lacrime ha parlato di «strage di Stato». Non lo è, perché lo Stato siamo noi, sono i vigili del fuoco che hanno scavato tra le macerie e il personale delle ambulanze che ha soccorso i feriti sul letto insanguinato del Polcevera. Ma a quel padre, e a tutti quelli che piangono i loro morti, una risposta andrà data. E dovrà essere all’altezza di una democrazia matura.
Finora la risposta non è stata all’altezza nella classe dirigente industriale, che sulle macerie delle PpSs ha costruito più rendite che reti. Autostrade è un caso da manuale. Lo Stato privatizza nel ’ 99, i Benetton comprano per 7 miliardi. Da allora la società ha incassato 43,7 miliardi con i pedaggi, lucrando 10 miliardi di utili ( trasformati in altrettanti dividendi per gli azionisti). Negli ultimi 8 anni gli investimenti sono stati 8,3 miliardi (1,5 miliardi in meno del pattuito), le tariffe sono aumentate del 25% ( l’inflazione solo dell’ 11,5%). A prescindere dal Ponte Morandi, un pessimo modello di sviluppo.
La risposta non è stata all’altezza nella maggioranza gialloverde, che sull’onda dell’indignazione sembra adesso orientata a ri- pubblicizzare l’intera economia nazionale, dimenticando che se il capitalismo privato ha colpe ciclopiche nel mancato sviluppo del Sistema- Paese, lo Stato Padrone degli anni 80/90 non ne ha certo di meno. Conte, Di Maio e Salvini sono stati durissimi contro Autostrade, e sono stati accolti tra gli applausi alle esequie di Genova. Questo è comprensibile ( mentre è penoso sfidare i giornali su un miserabile " applausometro" funebre, come ha fatto il portavoce di Palazzo Chigi Casalino). Ma il " governo del cambiamento" non può annunciare una revoca immediata della concessione, senza averne prima verificato la fattibilità giuridica. Serve la prova di " gravi inadempimenti del concessionario": se manca, la revoca costa allo Stato 20 miliardi di penale. Sul piano emotivo la minaccia di revoca lenisce le ferite di chi chiede giustizia, ma sul piano pratico soddisfa solo le esigenze di chi fa demagogia.
La risposta non è stata all’altezza nell’opposizione, che non può cavarsela attaccando M5S per la folle battaglia declinista contro la Gronda. Una dose di autocritica tocca anche al Pd, che per eccesso di modernità o per complesso di inferiorità ha ceduto il campo a "capitani" non coraggiosi ma ignavi. I governi di centrosinistra, nel 2007, hanno firmato la Convenzione Unica con Autostrade che rende di fatto la revoca impercorribile. Nel 2014 e 2017 hanno prolungato la generosa concessione, consentendo che la società facesse i controlli di sicurezza in " autocertificazione" e mantenendo un assurdo " segreto" sul Piano Economico Finanziario e sugli allegati. Questi errori vanno riconosciuti, per non essere più ripetuti.

Servono verità, serietà e umiltà. Solo così eviteremo altre " domeniche delle salme". Quel solito, inutile e straziante rito, dove " il cuore d’Italia/ da Palermo ad Aosta/si gonfiava in un coro/ di vibrante protesta".

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