lunedì 4 giugno 2018

Sic transit gloria mundi



Gli sarà apparsa così, probabilmente, la stazione Termini allorché il Frecciarossa che l'ha portato da Firenze nella capitale ha aperto le porte dei vagoni. Con quello sguardo sempre al confine con l'ebetismo avrà rivangato le glorie di un tempo, quando il 40% dei votanti alle Europee scelse il suo partito. Sic transit gloria mundi, avrà udito dai meandri della trasandata coscienza. Si, è passata per lui la gloria effimera di questo mondo, del suo mondo, troppe volte abusato dalle promesse pirotecniche, dalle smargiassate, dalle balle di mese in mese ingigantite allorché prossime alla scadenza. 
La solitudine dell'anonimato dovrebbe essere terribile per uno come lui, dedito all'egocentrismo più sfrenato, al limite del patologico. Avrà ricordato i tempi andati, allorché tra un "signori miei" e l'altro, aveva in pugno la nazione intera, che si fidava quasi ciecamente del nuovo che egli rappresentava, innaffiato da parole dolci alla coclea quali "rottamazione", "nuovo che avanza", "fine dei privilegi", da concetti freschi corroborati e rafforzati durante le celebri Leopolde in cui giovani pensanti parevano dare nuova linfa vitale all'ideale di una nazione in procinto di riabbracciare onestà, solidarietà, fratellanza. 
Tempi magici e soprattutto affollati attorno a questo giovane condottiero che si muoveva con una miriade di flash, di microfoni, di adulanti cronisti, di eccitazione, di arsura delle sue parole, di concetti sgorganti e ammaliati dalla toscanissima cadenza, una via di mezzo tra i comici famosi di quella terra ed il dolce stil novo. 
Ma come l'entusiasmo arriva a vette impensabili così svanisce non appena la delusione provocata dal non veder realizzato quasi nulla di quanto promesso, la glacialità sgorgante dall'assistere al procrastinare a date sempre più lontane gli obbiettivi a mano a mano trasformatisi in chimere, fiabe per allocchi, discorsi da bar dello sport in chiusura dopo una serata particolarmente alcolica. 
Sic transit gloria mundi. E' la logica conclusione di una breve carriera costellata da errori più che il firmamento notturno, o meglio: se questo novello anonimo avesse condotto un partito di centro, centrodestra, avrebbe ancora il suo codazzo di proseliti; essendo stato il segretario del partito di sinistra per antonomasia, le scelleratezze compiute, vedi abolizione dell'articolo 18, lo schiavismo 2.0 meglio conosciuto come jobs act, gli abbracci affettuosi con il Delinquente Naturale, la possibilità che un pluri indagato come Verdini potesse diventare padre costituzionale, questo desolante arrivo in una stazione deserta di fotografi ed aficionados è la logica conclusione di un regno fin troppo sopportato, elogiato, emulato. 
Se la desolazione è sinonimo di abbandono, di fondo del barile, speriamo che gli serva per ricominciare una nuova vita, magari in un terreno a lui più consono: quello dell'avanspettacolo.    
Adios!

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