venerdì 27/04/2018
Base x bassezza : 2
di Marco Travaglio
Renzi che vaga in bicicletta per le strade di Firenze a chiedere ai passanti se sono pro o contro l’accordo coi 5Stelle e i giornaloni che spacciano il tutto per “sondaggio”, ovviamente con vittoria schiacciante del No (come sempre quando c’è di mezzo Renzi), oltre a riabilitare i pericolanti strumenti di democrazia diretta della Casaleggio Associati, ha un che di tenero e commovente. Quasi come la faccia di Orfini all’uscita di ogni consultazione. I due Matteo, cioè i due più grandi perditori mondiali della storia contemporanea, non possono più dare cattivi esempi e allora han cominciato a dare cattivi consigli. E il bello è che c’è ancora chi li sta a sentire. Compresi quei poveri parlamentari del Pd appena eletti o rieletti che rischiano di perdere il seggio alle elezioni anticipate, unica vera alternativa all’accordo M5S-Pd. A meno che qualcuno non pensi seriamente che, fallito anche questo, nascerà il mitologico “governo del Presidente” o “di tutti”, che però avrebbe dentro FI e dunque non il M5S, che a quel punto spingerà pure Lega e FdI a raggiungerlo all’opposizione per non lasciarlo solo a lucrare sui disastri dell’ennesimo governissimo: così resterebbero Pd e FI senza maggioranza e il governo di tutti diventerebbe il governo di nessuno.
Noi non sappiamo se un governo M5S-centrosinistra, sulla base di un contratto minimo su pochi punti, nascerà mai, né – se sì – quanto durerà. Sappiamo però che, evaporato l’asse 5Stelle-Lega per la presenza del terzo incomodo (B. appeso alle palle di Salvini, o viceversa), questo è l’unico possibile. Infatti i presunti leader pidini che fanno gli schizzinosi alla sola idea di un’intesa con Di Maio non dicono mai qual è la loro proposta alternativa. Come se, in una democrazia parlamentare e in un sistema (grazie a loro) proporzionale, non fossero profumatamente pagati proprio per questo: indicare soluzioni e lavorare per realizzarle. Ma i poveretti vanno capiti: fino all’altro giorno speravano nel tanto peggio tanto meglio, cioè in un governo Di Maio-Salvini per potersi accomodare all’opposizione contro i “populisti” cattivi. Ma gli è andata buca, come già col Rosatellum, fatto apposta per gonfiare i voti di Pd e FI con due finte coalizioni e poi scioglierle la sera del voto per metter su un bel Renzusconi. Se dalle urne fosse uscita una maggioranza Pd-FI anche risicata, anche insufficiente ma colmabile con l’ennesima compravendita di voltagabbana, ora il governo sarebbe bell’e fatto. E senz’alcun distinguo su incompatibilità programmatiche, insulti in campagna elettorale, maldipancia delle rispettive basi.
Anche perché difficilmente B. intimerebbe a Renzi di pulire i cessi di Mediaset o lo paragonerebbe a Hitler. E ancor più difficilmente Renzi definirebbe FI come ieri ha dipinto il M5S, cioè come una “baby gang” (anche perché la gang italoforzuta è ormai piuttosto attempata). Se nel 2011, quando ci andarono a letto nel governo Monti e nel 2013 quando ci andarono a Letta (Enrico) e nel 2014 quando ci fecero il Nazareno, l’Italicum e la controriforma costituzionale e nel 2017 quando s’intesero sul Rosatellum, i vertici del Pd si fossero domandati che ne pensava la base del Caimano, così come fanno oggi con Di Maio, non avrebbero perso tutte le elezioni dal 2014 a oggi. Non avrebbero dimezzato gli elettori in dieci anni. E negli ultimi sette ci avrebbero risparmiato i disastri della Fornero e degli esodati, il bis di Napolitano per sventare il pericolo Rodotà, la Buona Scuola, il Jobs Act, l’abolizione dell’articolo 18, lo Sblocca-Italia, due leggi elettorali incostituzionali, l’abolizione dell’Imu ai ricchi, i regali miliardari a evasori, banche, lobby e così via. Ve l’immaginate Renzi che vaga in bicicletta per Firenze a domandare: che ne dite di Alfano ministro dell’Interno (o degli Esteri)? E di Verdini e Cicchitto nella maggioranza? E della Lorenzin alla Salute? E della Costituzione riscritta con B.? E di Marchionne preferito a Landini e Camusso? E della Fedeli all’Istruzione? E di Lotti allo Sport? E della Boschi candidata a Bolzano con cinque paracadute in Lombardia, Lazio e Sicilia? L’avrebbero stirato sull’asfalto con tutta la bici. All’epoca, mentre il Pd ne combinava di cotte e di crude suicidandosi ogni giorno coram populo, il parere di militanti ed elettori contava pochino. Torna buono oggi per far dire ai passanti che non vogliono l’accordo Pd-M5S, ponendo alle persone sbagliate la domanda sbagliata.
Per consultare i militanti ci sono le primarie, per interpellare gli iscritti c’è il referendum modello Spd tedesca. E la domanda giusta è questa: preferite rivotare con la stessa legge per ritrovarci a fine anno nella situazione attuale, perdendo altro tempo e consensi preziosi (all’hashtag #senzadime gli elettori si stanno abituando in fretta, vedi Molise) e regalando all’astensione o al centrodestra altri milione di voti, col rischio di consegnare l’Italia a Salvini&B.; oppure è meglio tentare ora un’intesa fra diversi che affronti la piaga della povertà con un reddito minimo per chi cerca lavoro, inizi a rimuovere le palle al piede che frenano lo sviluppo (conflitti d’interessi, corruzione, evasione, mafie, prescrizione, giustizia lenta, scuola e ricerca e cultura in bolletta, privilegi di casta e di lobby, deficit di energie pulite) e riconosca nuovi diritti civili (stepchild adoption, ius soli temperato, registrazione dei figli di coppie gay sul modello Torino)? Se poi la famosa base fosse ancora indecisa, si potrebbe ingolosirla col più appetitoso effetto collaterale dell’accordo: se nasce un governo M5S-Pd, Carlo Calenda dice che lascia il partito e, se tutto va bene, lo seguono pure Sandro Gozi e Anna Ascani. E sarebbe subito standing ovation: 92 minuti di applausi!
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