martedì 20 febbraio 2018

Prontuario travagliato


Un prontuario bignamicamente perfetto!

Istruzioni per il voto

di Marco Travaglio

Lo sanno tutti, perché chi comanda nell’ombra ha già deciso così, ma nessuno lo dice: la sera del 4 marzo i maggiori partiti che hanno sgovernato l’Italia negli ultimi 24 anni, cioè FI, Pd e i centrini loro alleati rinnegheranno le solenni promesse “larghe intese mai” e daranno vita (si fa per dire) a un governo di larghe intese guidato da Paolo Gentiloni, noto frequentatore di se stesso. Che però, verosimilmente, non avrà la maggioranza né alla Camera né al Senato. Quindi si provvederà a ingaggiare l’ala maroniana della Lega (in cambio di un ministero a Maroni, che ha appositamente rinunciato al bis di governatore in Lombardia) e ad acquistare i 5 o 6 eletti nei 5Stelle espulsi per storie di massoneria o di mancate donazioni dai propri stipendi (che, da putribondi figuri in campagna elettorale, diventeranno insigni statisti “responsabili” e “moderati” per il governissimo che fa benissimo). Si spiegano così due fatti accaduti domenica: l’assenza di B. e Salvini alla manifestazione anti-inciucio indetta da Giorgia Meloni; e la risposta di Renzi a Massimo Giletti sulle larghe intese: “Nessuna alleanza con gli estremisti”, cioè “con i 5Stelle e con un centrodestra a trazione leghista”.

Dunque con FI sì, perché sarebbe “moderata”, così come i leghisti maroniani e i vecchi democristiani di centrodestra che si fanno chiamare Noi con l’Italia: personcine ammodo come Cesa, Fitto e Formigoni. Naturalmente saranno della partita gli ex berlusconiani candidati nel Pd e nelle liste fiancheggiatrici. Cioè +Europa di Emma Bonino, che nel ’94 non si fece problemi a convivere con B., Dell’Utri e Previti, anzi ne sposò sempre le posizioni anti-magistrati, anti-Statuto dei lavoratori e pro-guerre in Afghanistan e in Iraq (ovviamente in nome di Gandhi). E Civica Popolare di Lorenzin&Casini che, dopo una vita trascorsa con B., non avranno problemi a tornare all’ovile di Arcore. Questa orrenda ammucchiata sarebbe, per l’Italia, il peggio del peggio. Peggio persino di un governo di centrodestra, che avrebbe almeno il pregio di premiare chi ha vinto e non chi ha perso le elezioni; di risparmiarci il quinto governo consecutivo non legittimato dalle urne, con conseguente lacerazione democratica e sociale; di far nascere una sinistra moderna dalle ceneri del fu Pd; e di rinfrescare la memoria agli italiani, vaccinandoli per sempre dall’eterno ritorno del Caimano frodatore e puttaniere travestito da nonnino buono e rassicurante, tutto canile e famiglia.
Ormai l’establishment si muove come se le Larghissime Intese, per tener fuori anche stavolta chi vince le elezioni, fossero cosa fatta.

Gentiloni rassicura la Merkel che, dopo il voto, l’Italia avrà un “governo stabile e non populista”, cioè uguale a quelli di prima: per lui il fonte battesimale del Parlamento non sono gli elettori, ma qualche terrazza romana, un paio di banche tedesche e un pugno di fondi d’investimento inglesi. Intanto i politicanti e gli opinionisti al seguito passano il tempo a dissuadere noi elettori dall’idea malsana che il nostro voto conti qualcosa e che il nuovo governo dipenda dal risultato delle elezioni. Lo fanno per scoraggiarci dal votare per chi si opporrebbe all’inciucio, cioè i 5Stelle, Fratelli d’Italia e forse Liberi e Uguali (ma D’Alema ha scriteriatamente evocato un “governo del Presidente”). E per farci intruppare tra le file dell’astensionismo, che tutti deplorano a parole ma fomentano nei fatti, nella speranza che alle urne vadano solo gli elettori comprati, controllati, ricattati e quelli liberi se ne stiano a casa. 
Il resto lo fanno le tv e i giornaloni, con tre mosse a tenaglia. 1) Nobilitano i voltagabbana (dei 350 che hanno cambiato casacca nell’ultima legislatura, i partiti ne ricandidano 100), elogiando preventivamente i prossimi tradimenti degli elettori per sostenere l’inciucione. 2) Ingigantiscono le pagliuzze di chi non ci sta (la decina di parlamentari 5Stelle che si sono tenuti lo stipendio diventano peggio dei ladri e dei mafiosi) e rimpiccioliscono le travi di chi ci sta (silenzio sugli 81 indagati o imputati, quasi tutti nelle liste Pd, FI e centriste, molti per aver rubato rimborsi pubblici per spese private; zero tituli in prima pagina su Repubblica, Stampa e Messaggero per lo scandalo delle tangenti in Campania, la fuga di De Luca jr. e l’aggressione alla cronista di Fanpage). 3) Vista l’impopolarità di Renzi & C., creano il mito di Emma Bonino, facendo credere agli antirenziani di centrosinistra che votare Emma sia un dispetto a Matteo, mentre è l’opposto: se +Europa non supera il 3%, tutti i suoi voti vanno al Pd, cioè a Renzi; se +Europa supera il 3%, porta in Parlamento una pattuglia di radical-berlusconian-democristiani (c’è pure Tabacci) prontissimi al governissimo. L’ha detto la stessa Bonino a Radio Capital: “Larghe intese? Dopo il voto si vedrà cosa si può fare. Con Berlusconi ho già governato. Purché non ci sia Salvini”. Ma fior di intellettuali “di sinistra” ci sono già cascati: voteranno Bonino contro Renzi. Più che un voto, un ossimoro.


Ma, anche se è tutto già deciso alle nostre spalle, non è detto che la Banda Larga abbia i numeri per l’ennesimo golpe. Per strano che possa sembrare, dipende proprio da noi elettori. Purché conosciamo le conseguenze del nostro voto, che tutti si sforzano di spacciare per inutile e invece non è mai stato così utile. Chi non vota aiuta l’inciucio. Chi vota una delle liste di centrosinistra (Pd, +Europa, CP e Insieme) sceglie l’inciucio. Così come chi vota FI, NcI e Lega. Chi non vuole le larghissime intese ha quattro opzioni: M5S, LeU (sperando che Grasso non ceda alle sirene mattarelliane), Potere al Popolo (che però difficilmente supererà il 3%, dunque i suoi voti, senza alleati, andranno dispersi) e, a destra, FdI. Tutto il resto è Renzusconi.

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