mercoledì 6 dicembre 2017

A proposito...


Ieri ho scritto in merito a come ci poniamo difronte alle serie Tv sul crimine organizzato. Oggi il procuratore Grattieri, intervistato sul Fatto dice la sua in merito all'argomento:

“Sos da Gomorra al Padrino, serie tv e film diseducativi”

  di Lucio Musolino 
Procuratore, in queste settimane sta andando in onda la terza stagione di Gomorra - la serie. Lei su questo tema ha scritto anche un libro L’inganno della mafia. C’è veramente il rischio che il boss diventi un eroe?

Premetto che non voglio polemizzare con nessuno. Non punto il dito su quella o su questa serie televisiva. Per me la cinematografia e la televisione fanno arte. Ma il senso dei film, dei docufilm e dei libri è quello di educare. Se, davanti alle scuole, vediamo ragazzi che si muovono, si vestono e usano le stesse espressioni degli attori e dei personaggi di questi film che trasmettono violenza su violenza, mi pare che il messaggio non sia positivo

Quale messaggio viene lanciato allora?

Lo stereotipo, cioè quello di una “piovra” invincibile. Poco conta che le mafie oggi siano al centro di inchieste giudiziarie che portano alla cattura dei boss, molto spesso costretti a subire pesanti condanne e a perdere le loro ricchezze.

In sostanza non c’è più la contrapposizione tra il male e il bene. In televisione c’è spazio solo per il male e per il peggio?

Appunto. Il rischio di emulazione è dietro l’angolo. Negli ultimi tempi, dagli eroi positivi destinati alla sconfitta si è passati ai boss protagonisti di storie più o meno ispirate a fatti veri. Sullo schermo vediamo un mondo abitato da “paranze” assetate di sangue, senza alcun margine di redenzione. Alla fine, i personaggi positivi sono uomini di potere, uomini di parola e uomini che sanno imporsi. Ma sono sempre criminali. Non compaiono mai i picciotti costretti a vivere senza ricchezze, rischiando continuamente il carcere e subendo le angherie dei loro capi.

E chi lotta contro le mafie?

Passa quasi inosservato. Prima questi personaggi erano destinati alla sconfitta ma c’erano. Oggi in molti film e serie televisive non c’è spazio per chi lavora quotidianamente per assicurare alla giustizia boss e gregari della ’ndrangheta o delle altre organizzazioni criminali. Molto spesso, i fatti vengono modificati per rispondere alle esigenze cinematografiche e televisive.

Cosa deve fare chi, attraverso un film, una serie televisiva o un libro, decide di raccontare le mafie “dal di dentro”?

Deve continuare a farlo. Ma all’interno dello stesso film o libro dovrebbe inserire qualcosa di alternativo, un messaggio che questi boss non sono invincibili e forti perché sommano violenza su violenza.

E come si fa a far comprendere che cosa sono la ’ndragheta, la Camorra e Cosa nostra?

Lo vediamo ogni giorno con i nostri occhi. Dobbiamo cercare di andare nelle scuole per spiegare ai ragazzi che non si deve convivere con la delinquenza. Solo la cultura e le competenze possono dare ai giovani la possibilità di non cadere nelle tentazioni del malaffare. La scuola, la famiglia, le istituzioni devono fare fronte comune. I mafiosi hanno più paura dei maestri elementari che delle manette. La conoscenza aiuta a fare scelte consapevoli, a decidere da che parte stare.

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