martedì 14 novembre 2017

Solo un gioco?


Certo, si dirà che in fondo è un solo un gioco, popolato da giovani ricconi che non sanno nulla della vita, qualcuno s'inerpicherà persino attorno all'idiozia palpabile emergente dall'assistere alla sofferenza di giovani ed anziani nel veder colpire una palla da ventidue ignavi, invece di dedicar tempo e sinapsi alla lettura di un classico, alla ripitturata di un cancello, al rimirar girare vetrine nel rito utile e sano, a detta di molte consorti, dell'immarcescibile shopping.
I malati di calcio, come si chiamano da queste parti coloro che s'abbacinano pure nel contemplare un incontro amichevole in un campetto di periferia, oggi e non si sa per quanto, sono storditi, emaciati, tenebrosi difronte alla debacle storica estromettente la nazionale italiana dai prossimi mondiali di calcio in Russia. Il prendere coscienza che il prossimo luglio verrà vissuto assieme alla palese assenza della compagine italica di colore azzurro, duole ed amareggia oltremodo, come se si vivesse un Natale senza l'albero, la domenica pasquale senza uova al cioccolato, il ferragosto senza la grigliata e sanvalentino senza la corsa affannata con scivolata sotto la saracinesca in chiusura, a non più di una decina di centimetri dal suolo, del negozio di fiori. 
Riti, ricordi, speranze, rivalse: tutto cancellato dalle sciagurate recenti prestazioni di una squadra che per molto tempo viene vista come una scocciatura bloccante lo svolgimento del campionato, per poi trasformarsi, agli europei o al mondiale, come lo scrigno in cui molti ripongono luccichii, sfrigolii gioiosi, sogni abbacinanti capaci di trasformare milioni di persone in dotti e saccenti opinionisti davanti all'immancabile profumo di tostato, preludio di camminate solitarie in stanze afose agognando una rete, un cross, una cavalcata verso vittorie indimenticabili. 
E neppure la verità riesce a comandare nel cuore di codesti incalliti visionari, tanto è grande la smania nel torneo quadriennale! Nessuno dei tifosi infatti avanza dubbi in merito alla sciagurata gestione del gioco del calcio, nelle mani di incompetenti dediti più all'affarismo che al rispetto della logica sportiva: chi infatti ha mai manifestato disapprovazione nell'apprendere che la propria squadra, già imbottita di stranieri, ha acquistato l'ennesima stella argentina, portoghese o croata? Chi durante l'estate riesce a pensare che proseguendo su quella strada, i vivai nostrani rimarranno sempre più schiacciati ed oppressi, non consentendo quindi la nascita di virgulti indigeni, futuri campioni rivalutanti la propria nazionale? 
Perché siamo fatti così da queste parti: priorità ai club, scocciatura per l'azzurro ad ogni amichevole, ad ogni qualificazione per poi trasformarci in supporter sfrenati ad ogni ribalta mondiale o europea. 
E allora di che lagnarsi se il razzista Tavecchio ancora non ha annunciato le giuste ed agognate dimissioni, se il maggiordomo prestato alla direzione tecnica della squadra, pur chiedendo scusa, non ha minimamente informato di aver abbandonato l'incarico? 
E come organizzarsi per il mese estivo in cui tutti, ma proprio tutti, tranne noi, si recheranno nelle Russie per la disfida al sapore d'immortalità sportiva? 
Sarà pur sempre calcio, sarà spettacolo, sarà narrazione d'imprese, pur senza quel colore riuscente a tramutar caratteri, abitudini, atteggiamenti per un misterioso feeling coinvolgente milioni di cuori, ad oggi solitari ed in preda ad un evidente sconquasso psichico dal sapore amaro, tipico di chi vede passare un'occasione notturna in un treno, in un'auto e, sospirando, se ne torna nel buio a rimuginar pensieri, farneticanti progetti.  

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